PALERMO – I carabinieri hanno eseguito una misura cautelare nei confronti di undici persone accusate a vario titolo di associazione di tipo mafioso, detenzione di stupefacenti, favoreggiamento personale e tentata estorsione con l’aggravante del metodo mafioso.
Al centro dell’indagine, coordinata dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca, ci sono il mandamento di Passo di Rigano e la famiglia mafiosa di Torretta, un borgo con poco più di 4 mila abitanti, da sempre roccaforte mafiosa alleata dei cosiddetti “scappati”, boss della fazione sconfitta dai corleonesi di Totò Riina al termine della Seconda guerra di mafia e costretti all’esilio negli Usa.
Ruolo di rilievo nel clan avrebbe Raffaele Di Maggio, figlio dello storico esponente mafioso Giuseppe Di Maggio detto ‘Piddu’, morto nel gennaio 2019. Fedelissimi del boss erano Ignazio Antonino Mannino, anche lui con funzione direttiva e organizzativa, Calogero Badalamenti cui era stata affidato il controllo sul territorio di Bellolampo, Lorenzo Di Maggio, detto ‘Lorenzino’ scarcerato nell’agosto del 2017 e sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di Carini, Calogero Caruso, detto Merendino, ritenuto una figura di vertice della ‘famiglia’, il nipote Filippo Gambino e Calogero Christian Zito, che faceva la spola tra la Sicilia e gli Usa. Le attività indagine hanno interessato anche due fratelli imprenditori di Torretta.
GLI ARRESTATI. Gli arrestati nell’operazione Crystal Tower dei carabinieri del comando provinciale di Palermo sono Lorenzo Di Maggio, 70 anni, Raffaele Di Maggio, 58, Filippo Gambino, 55, Giovanni Angelo Mannino, 69, Ignazio Antonino Mannino, 64, Francesco Puglisi, 55, Natale Puglisi, 62, Natale Puglisi, 55, Calogero Badalamenti, 50. Ai domiciliari è stato posto Calogero Caruso, di 84 anni.
LE MANI DEL CLAN SUI LAVORI PUBBLICI. La mafia di Torretta si sarebbe inserita nel tessuto economico legale, tra edilizia, agricoltura e allevamento di bestiame attraverso il diretto intervento nelle dinamiche di compravendita degli animali e dei terreni.
Il clan avrebbe controllato le commesse pubbliche e private non solo a Torretta, dove sarebbe riuscito a infiltrarsi nella locale amministrazione influenzando e modificando l’esito delle elezioni comunali del 2018, fino allo scioglimento del Comune del 2019, ma anche nei comuni limitrofi di Capaci, Isola delle Femmine e Carini, oltre che in alcuni quartieri di Palermo che fanno capo al “mandamento” di Passo di Rigano.
DA TORRETTA PIZZINI PER MESSINA DENARO. I pizzini per Matteo Messina Denaro passavano da Torretta. Il ruolo di raccoglitore dei messaggi lo avrebbe svolto, secondo gli investigatori, Lorenzo Di Maggio, tornato in libertà nel 2017. E’ il pentito Antonino Pipitone che lo accusa di essere stato il postino dei messaggi per il capomafia di Castelvetrano.
“Gran parte dei pizzini sia della provincia sia dei mandamenti di Palermo che dovevano arrivare al superlatitante arrivavano sempre a lui”, ha sostenuto il collaboratore di giustizia. “I biglietti gli venivano consegnati dove lavorava o a casa della madre”. Pipitone ha svelato che i pizzini venivano poi consegnati da Di Maggio a Calogero Caruso, “il quale a sua volta li consegnava a Campobello di Mazara, utilizzando l’auto del Comune di Torretta dove Caruso all’epoca lavorava”.
I SUMMIT NELLE CAMPAGNE. I carabinieri hanno ricostruito i numerosi incontri riservati organizzati nelle campagne per sfuggire ai controlli delle forze dell’ordine tra gli affiliati del clan di Torretta e in particolare un summit avvenuto la sera del 21 novembre 2018 in casa di Raffaele Di Maggio boss ai vertici del clan, arrestato oggi. Alla riunione presero parte anche Ignazio Antonino Mannino e Calogero Badalamenti.
Nel settembre del 2018 un emissario di Cosa nostra americana è stato accolto dai vertici della famiglia mafiosa di Torretta. La permanenza dell’uomo in zona fu coperta, tra gli altri, da due fratelli imprenditori che, dividendosi i ruoli, lo avrebbero preso in aeroporto e ne avrebbero garantito il soggiorno in una lussuosa villa con piscina di Mondello, regalandogli la cocaina in segno di benvenuto. Nel periodo trascorso sull’isola, l’emissario avrebbe preso parte a una riunione nell’abitazione del boss Raffaele Di Maggio, il 3 ottobre 2018 a Torretta, e a un secondo incontro nel comune di Baucina.
All’indomani dell’omicidio del mafioso americano Frank Calì detto “Franky Boy”, avvenuto a Staten Island (New York) la sera del 13 marzo 2019, i carabinieri hanno registrato una serie di fibrillazioni tra i mafiosi del clan palermitano. Nei giorni successivi, il figlio di uno degli indagati è partito per gli Usa e durante la sua permanenza a New York ha incontrato diverse persone tra cui proprio l’emissario arrivato a Torretta nel settembre 2018.
Rientrato dal viaggio, il giovane ha raccontato il clima di profonda tensione creatosi sulla sponda americana, esprimendo le proprie valutazioni su chi sarebbe subentrato a Calì alla guida della compagine mafiosa americana.
A Torretta, inoltre, i carabinieri hanno registrato i commenti “di prima mano” di alcuni degli indagati che conoscevano personalmente Frank Calì e che, in un primo momento, avevano temuto che l’episodio potesse provocare una pericolosa escalation di violenze nella quale avrebbero rischiato di rimanere direttamente coinvolti anche altri soggetti.