Lutto cittadino a Trecastagni, paese in cui viveva Vanessa Zappalà, la 26enne assassinata con sette colpi di pistola alla testa sul lungomare di Aci Trezza dall’ex fidanzato Antonino Sciuto, di 38 anni, che poi si è tolto la vita impiccandosi. Lo ha deciso il sindaco del paese etneo, Giuseppe Messina, annunciando, per il giorno dei funerali bandiere listate a lutto e anche la sospensione per questa settimana degli spettacoli previsti. Stasera a Trecastagni è in programma una fiaccolata in ricordo di Vanessa.
I vicini di casa della ragazza parlano di tragedia annunciata. Intanto emergono particolari inquietanti del rapporto malato tra Vanessa e il suo ex fidanzato, così come racconta a Telecolor il padre Carmelo Zappalà: “La legge non ci ha tutelato. Quel ragazzo era un attore, fingeva di essere pentito per riconquistarla. Lui aveva le chiavi di casa e se ne era fatto una copia. Saliva nel sottotetto e ascoltava tutto quello che ci dicevamo e quello che diceva mia figlia. Una volta lo abbiamo scoperto là dentro assieme a un vicino di casa. E lui mi ha accusato di ‘coprire’ mia figlia. Adesso devo solo rassegnarmi alla perdita di Vanessa…”.
POLEMICHE SULLA SCARCERAZIONE. Ma da ieri montano le polemiche, perchè l’assassino di Vanessa era già stato agli arresti domiciliari per stalking, misura poi ridotta in divieto di avvicinamento.
“Con le leggi giuste l’omicidio si sarebbe potuto evitare l’omicidio di mia figlia, ma quelli che si sono stati e quelli che verranno dopo, perché ancora ce ne saranno”, ha dichiarato Carmelo Zappalà. “Per queste persone – ha detto tornando a parlare oggi con i giornalisti – ci deve essere una struttura dove chiuderli per curarli. Li devono recuperare perché hanno dei problemi. E se non ci riescono a curarli li tolgano dal giro, perché fanno solo danno”.
Sul tema della scarcerazione interviene il presidente dell’ufficio del Gip di Catania, Nunzio Sarpietro: “Non mi sento di contestare alcuna colpa al collega, ha agito secondo legge: nel fascicolo c’erano anche elementi contrastanti di cui ha tenuto conto, come un primo riavvicinamento tra i due. E anche se lui fosse stato agli arresti domiciliari sarebbe potuto evadere e commettere lo stesso il delitto”.
“E’ difficile controllare tutti gli stalker, noi emettiamo come ufficio 5-6 ordinanze restrittive a settimana ed è complicato disporre la carcerazione perché occorrono elementi gravi e, comunque, non si può fare fronte ai fatti imponderabili”, continua Sarpietro, che ripropone una sua ipotesi di intervento: “Un braccialetto elettronico ‘out’ per l’indagato che segnali la sua presenza e, contemporaneamente, un dispositivo per la vittima che emetta segnali acustici e luminosi quando lo stalker viola la distanza impostagli dal provvedimento di non avvicinamento”.
Il padre di Vanessa commenta anche la scelta di Sciuto di togliersi la vita. “Il suo suicidio? Si è tolto dai piedi e non può fare più danni. Anche se stanno per anni in carcere, se non li recuperi poi fanno quello che devono fare lo stesso. Ha tolto la vita una ragazza di 26 anni, era una persona che non stava bene. E’ successo e purtroppo succederà sempre… Stava sempre davanti casa nostra, mia figlia era ‘prigioniera’. La seguiva anche al panificio dove lei lavorava. Siamo andati anche a casa dei suoi genitori per chiarire delle cose, e suo padre è una persona squisita che gli diceva che se la storia era finita doveva smetterla”.
E dello stesso avviso di Carmelo Zappalà anche il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, titolare dell’inchiesta. “Occorrerebbero dei centri di riabilitazione con l’obbligo di frequentazione per monitorare gli stalker e tentare, nei limiti del possibile, di recuperarli dai loro disturbi alcuni dei quali legati a problemi culturali e caratteriali. Bisogna provarci, anche perché non sono pochi”.
Il corpo di Antonino Tony Sciuto è stato restituito ai familiari. Il nulla osta è stato concesso dalla Procura distrettuale di Catania dopo che il medico legale ha concluso l’ispezione cadaverica ed eseguito lo stub sull’uomo alla ricerca di presenze di polvere da sparo sul corpo, e in particolare sulle mani. I magistrati titolari dell’inchiesta hanno invece confermato l’autopsia su Vanessa.
SI CERCA LA PISTOLA. I carabinieri del comando provinciale di Catania stanno continuando le indagini per trovare l’arma del delitto, una pistola calibro 7,65, e capire come Sciuto ne sia entrato in possesso. Si cerca anche di capire come sapesse degli spostamenti di Vanessa: un chiarimento potrebbe venire dall’esame del cellulare della vittima.
Sciuto per anni ha lavorato in un’impresa che si occupava di telefonia e potrebbe avere utilizzato la sua esperienza per sapere sempre dove la sua ex si trovasse. Oppure, più semplicemente, la pedinava costantemente