Kabul è nelle mani dei talebani che hanno annunciato la rinascita dell’Emirato Islamico. Dopo una giornata convulsa, caratterizzata dalla resa di fatto della capitale all’inarrestabile avanzata degli insorti, l’Afghanistan è ormai drammaticamente tornato nella morsa degli insorti.
Dopo l’entrata di una testa di ponte nella città, apparentemente per avviare una trattativa e arrivare a un governo transitorio, i fondamentalisti hanno improvvisamente sterzato verso la piena presa del potere. Con l’entrata in massa dei combattenti rimasti in attesa del via libera alle porte della città.
La bandiera bianca dei talebani sventola sul pennone del palazzo presidenziale di Kabul. L’immagine viene diffusa sui social. La bandiera, con una scritta nera che indica la testimonianza di fede dei musulmani, era stata utilizzata dai talebani quando presero il potere negli anni ’90, proclamando per la prima volta la nascita dell’Emirato islamico dell’Afghanistan.
Intanto il presidente Ashraf Ghani è fuggito in Tagikistan. I talebani hanno assicurato di essere entrati in città per garantire la sicurezza, ma Kabul è immediatamente finita nel caos con le strade completamente bloccate per la popolazione in fuga, sparatorie segnalate in città e l’aeroporto “sotto tiro”.
L’ipotesi circolata ieri mattina di un governo di transizione con a capo l’ex ministro dell’Interno Ali Ahmad Jalali è immediatamente evaporata con l’occupazione del palazzo presidenziale. Mentre diplomatici e civili stranieri prendevano d’assalto l’aeroporto della capitale, dove alcuni Paesi come gli Stati Uniti hanno assicurato che manterranno una rappresentanza diplomatica.
Prosegue intanto l’evacuazione delle ambasciate e dei cittadini occidentali. Ieri sera è partito da Kabul un primo ponte aereo italiano. Nella notte le truppe Usa
hanno blindato l’aeroporto per gestire le partenze in sicurezza mentre migliaia di afghani lo invadono per tentare di imbarcarsi sui voli internazionali.
Riunioni di emergenza per analizzare la situazione sono state attivate in molti Paesi occidentali, mentre la Nato ha sottolineato che la soluzione politica in Afghanistan è “più urgente che mai”.
Ma gli Usa, travolti dalle polemiche e accusati di aver scatenato l’escalation talebana, hanno continuato a difendere la loro politica di ritiro delle truppe. Lo ha fatto il segretario di Stato Antony Blinken che ha respinto ogni paragone con Saigon ed ha assicurato che gli obiettivi della guerra in Afghanistan sono stati raggiunti.
Ma il timore è un salto indietro di 20 anni. “Osserviamo completamente scioccati mentre i talebani prendono il controllo dell’Afghanistan. Sono profondamente preoccupata per le donne, le minoranze e i difensori dei diritti umani”, ha scritto l’attivista e premio Nobel per la pace pakistana, Malala Yousafzai.
I talebani hanno assicurato di essere cambiati e che stavolta rispetteranno i diritti delle donne e consentiranno loro l’accesso all’istruzione. Ma sono in pochi a crederci. E lo dimostra la fuga in massa da Kabul. Migliaia di persone si sono messe in strada, a piedi o in auto, alla ricerca di una via di fuga.
Centinaia di afgani hanno raggiunto la Porta dell’Amicizia nella città di Chaman, al confine tra Afghanistan e Pakistan, molti portando solo una borsa con le loro cose dopo essere scappati dalle loro case.
Totale il caos all’aeroporto, con la gente sulle piste pur di riuscire a salire sugli aerei e lasciare il paese. E allerta per la sicurezza nello scalo, lanciata dall’Ambasciata Usa, mentre la Nato ha assicurato il suo aiuto per gestire le evacuazioni.
Di fronte all’emergenza, i voli commerciali sono stati sospesi, mentre restano operativi gli aerei militari, impegnati nelle procedure di evacuazione degli stranieri. Non è ancora definito quale sarà il futuro del Paese.
Ma da tutto il mondo è arrivato l’appello alla pace e alla ricerca di una soluzione negoziata. A partire da Papa Francesco, che si è unito “all’unanime preoccupazione per la situazione in Afghanistan. Vi chiedo di pregare con me il Dio della pace affinché cessi il frastuono delle armi e le soluzioni possano essere trovate al tavolo del dialogo”.