SIRACUSA – Tratta di esseri umani al fine di sfruttamento sessuale e riduzione in schiavitù, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sfruttamento della prostituzione.
Sono alcuni dei reati contestati a un gruppo di nigeriani, due in carcere e una ai domiciliari, su provvedimento del gip del Tribunale di Catania richiesto dalla Direzione distrettuale antimafia di Catania.
Gli agenti della squadra mobile di Siracusa, con la collaborazione dell’ufficio di polizia di frontiera di Malpensa, hanno eseguito la misura cautelare nei confronti di un uomo arrestato a Malpensa al rientro dalla Nigeria, e due donne, una si trovava già in carcere e l’altra è stata posta ai domiciliari per motivi di salute.
Sono accusati, con altri soggetti non identificati in Libia e Nigeria, di “tratta di esseri umani a fine di sfruttamento sessuale e riduzione in schiavitù, pluriaggravati dall’aver agito anche in danno di minori, dall’aver esposto le persone a un grave pericolo per la vita e l’integrità fisica, dall’aver contribuito alla commissione del reato un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno stato; favoreggiamento dell’ immigrazione clandestina, pluriaggravati; del delitto di sfruttamento della prostituzione e altre fattispecie delittuose”.
L’operazione “Bad mama” è scattata dopo che gli agenti delle volanti avevano identificato una sedicenne nigeriana fuggita dall’abitazione della propria madame che, dopo averla sottoposta al rito Ju-Ju (le vittime vengono sottoposte “a un giuramento di obbedienza”, sono “schiave delle credenze” e “controllate dagli spiriti”), l’aveva trasferita in Italia, attirandola con la falsa promessa di un lavoro lecito e una volta giunta sul territorio nazionale, l’aveva invece costretta a prostituirsi.
L’attività indagine ha permesso di accertare altri dodici casi simili a quello della sedicenne. Gli investigatori hanno identificato altri soggetti, tutti avevano contatti con connazionali in Nigeria e in Libia per seguire a distanza le fasi del reclutamento alla sottoposizione a JuJu, dalla partenza dalla Nigeria all’arrivo in Libia.
Nell’ambito dell’operazione è emerso che uno degli indagati svolgeva in forma professionale l’attività di intermediazione finanziaria e di raccolta abusiva del risparmio.
In particolare “consentendo a terze persone – spiega la Procura -, a fronte del pagamento di commissioni, il trasferimento di fondi all’estero, anche mediante rapporti fiduciari di tipo compensativo con corrispondenti esteri che provvedevano a erogare al destinatario in Nigeria una somma equivalente a quella consegnata in Italia ma in valuta nigeriana”.
In questo modo non era necessario “passare attraverso i canali bancari e finanziari ufficiali e in elusione delle disposizioni di legge che regolamentano tali operazioni”.