CATANIA – “La Giustizia esiste, ma il dolore resta inciso nelle carni”. Così il ragioniere commercialista Santo Giammona, 80 anni, dopo la sentenza di revisione pronunciata a marzo, adesso irrevocabile, dalla Corte di Appello di Reggio Calabria, che lo ha assolto sancendo che non è un affiliato di Cosa Nostra. Era stato arrestato a Catania la notte del 7 luglio 2005 per concorso in estorsione aggravata e partecipazione all’associazione mafiosa.
Il Tribunale della Libertà annullava l’ordinanza di custodia con due procedimenti distinti: l’associazione mafiosa, legata secondo l’accusa a Francesco La Rocca, davanti il Tribunale di Caltagirone e quella di estorsione a di Catania. Il Collegio calatino condannava Giammona alla pena di anni otto di reclusione, confermata dalla Corte di Appello catanese. Il Tribunale di Catania assolveva, invece, il Giammona dal reato di estorsione. La Corte di Appello ribaltava, il 9 giugno 2011, l’assoluzione in condanna a 12 anni.
Poi, a seguito di annullamento disposto dalla Corte di Cassazione, veniva sancita la definitiva assoluzione del Giammona per il reato di estorsione ai danni di un suo cliente. La sentenza ha stabilito che il professionista aveva agito nell’interesse della vittima: Giammona, in sostanza, era stato incaricato dall’imprenditore, titolare di una catena di supermercati, di pagare i mafiosi. La sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Catania ha sempre respinto le richieste della Procura di natura personale che patrimoniale.
Giammona, divenuta definitiva la condanna per mafia, ha scontato, in ragione della concessione del beneficio della liberazione anticipata, la condanna a sei anni e sei mesi di reclusione, parte in carcere e parte in regime di detenzione domiciliare per gravi malattie che lo rendevano anche non vedente. Dopo le nuove dichiarazioni di collaboratori di giustizia e della sentenza assolutoria per il delitto di estorsione, Santo Giammona ha presentato istanza di revisione davanti la Corte di appello di Messina, ma la domanda è stata rigettata.
La Corte di Cassazione annullava il provvedimento dei magistrati messinesi e investiva la Corte di Appello di Reggio Calabria che, in accoglimento degli argomenti prospettati dagli avvocati Maria Donata Licata e Vincenzo Mellia del Foro di Catania, statuiva, definitivamente, l’innocenza dell’anziano commercialista. “Questi, inutile a dirsi – sottolineano i suoi legali – ha perduto tutto: libertà, salute, studio professionale ed estimazione sociale. Adesso, vinto dagli anni e dalle malattie, la Giustizia gli ha però restituito la dignità”