Omicidio Lupo, fermato l’ex suocero

Favara. Svolta nelle indagini sull'omicidio dell'ex presidente del consiglio comunale

FAVARA (AGRIGENTO) – E’ stato sottoposto a fermo di indiziato di delitto, firmato dal procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio, Giuseppe Barba, 66 anni, ritenuto responsabile dell’omicidio di Salvatore Lupo, 45 anni, ex presidente del consiglio comunale di Favara. Barba è l’ex suocero della vittima.

L’imprenditore venne ucciso il 15 agosto scorso, con tre colpi di pistola, all’interno di un bar al centro di Favara dove si era recato per comprare delle vaschette di gelato. I proiettili avevano raggiunto la vittima alla regione temporale sinistra, alla guancia destra e alla spalla destra.

Le indagini dei carabinieri della tenenza di Favara e della compagnia di Agrigento, coordinati dal capitano Marco La Rovere, si erano subito indirizzate verso la pista di un movente privato e familiare.

L’omicidio di Lupo sarebbe maturato – secondo l’accusa – a causa di diverbi economici connessi alla separazione fra Lupo e la moglie.  Pubbliche offese personali e grossi contrasti economici, legati alla separazione coniugale, costituiscono dunque secondo gli investigatori il movente del gesto.

Le indagini avrebbero accertato che nelle ore del delitto l’indagato si trovava a bordo della sua auto, ripresa da alcune telecamere di videosorveglianza private collocate nelle immediate adiacenze del bar di via IV Novembre sia lungo una ipotetica ricostruzione del tragitto che quell’utilitaria avrebbe fatto.

Trovate anche cospicue tracce di polvere da sparo, grazie all’esame dello Stub, sul volante della Fiat Panda di Barba. “Dalle telecamere si vede una macchina che si avvicinava davanti all’esercizio commerciale, scende una figura non ben definita e all’improvviso scappavano un certo numero di persone quasi impaurite da qualcosa, e si può immaginare il rumore della pistola. Poi questa macchina è ripartita”, ha ricostruito, durante la conferenza stampa svoltasi alla caserma Biagio Pistone di Agrigento, il maggiore Marco La Rovere che comanda la compagnia di Agrigento.

“Il riscontro principe, a livello tecnico, lo abbiamo avuto con lo stub (un tampone adesivo che cattura le particelle da polvere da sparo). Avevamo fatto questo accertamento già la sera stessa dell’omicidio e già dall’inizio avevamo inquadrato le vicissitudini in ambito familiare, sia di tipo personale che economico”.

La pista investigativa seguita dai carabinieri risultava essere, dunque, già ben definita fin dalle ore immediatamente successive al delitto. Ma è stato necessario attendere i cosiddetti “elementi di prova”.

Barba è stato sottoposto a fermo con l’aggravante “di aver commesso il fatto per motivi abietti e futili” e della premeditazione. L’anziano è indagato anche per aver “portato in luogo pubblico, o aperto al pubblico, un’arma comune da sparo: una pistola calibro 38”, ma anche perché “illegalmente deteneva all’interno della propria abitazione, a Favara, la pistola, in data antecedente e prossima al 15 agosto”.

La conoscenza da parte dell’indagato di indagini a suo carico e la possibilità di trovare rifugio all’estero – è stato evidenziato dal procuratore Patronaggio – hanno indotto gli investigatori a disporne il fermo.

L’inchiesta dei carabinieri ha portato all’audizione di decine e decine di persone, a diverse perquisizioni e all’acquisizione di reperti – tamponi dello Stub compresi, effettuati sulle mani e sui vestiti di chi potrebbe aver sparato – che vennero inviati al Ris di Messina. Le indagini, svolte in un clima di massima omertà – dicono gli inquirenti – continuano.

“Non ci sono stati testimoni, nonostante l’omicidio sia avvenuto nel tardo pomeriggio, all’interno di un esercizio commerciale del centro di Favara, e c’è stato il fuggi fuggi generale, nessuno ha testimoniato”, ha detto il comandante provinciale dell’Arma di Agrigento, il colonnello Vittorio Stingo.

Già stamani, subito dopo il fermo di Barba, il procuratore capo Luigi Patronaggio era tornato a ribadire che l’inchiesta s’è svolta in un clima di assoluta omertà. Nelle ore, e nei giorni immediatamente successivi, è emerso infatti che nessuno aveva visto, né sentito nulla. “Di contro, va però anche evidenziato che le dinamiche familiari, che hanno motivato l’omicidio premeditato, ci sono state fornite da cittadini di Favara che hanno senza dubbio – ha concluso il colonnello Stingo – collaborato in maniera significante a individuare il quadro investigativo suffragato poi dall’emissione del fermo della Procura”.

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