L’eurodeputato Dino Giarrusso interviene in collegamento durante una seduta della commissione agricoltura al Parlamento europeo a Bruxelles. Il sistema non riesce a mettere in video la camera del suo iPhone così dall’aula lo invitano a leggere il suo intervento a difesa del Prosecco italiano in inglese, perché gli interpreti non riescono a tradurre simultaneamente senza leggere il labiale.
Giarrusso prova con un il suo inglese scolastico, ma poi rinuncia. Il video diventa virale in rete e il deputato siciliano viene attaccato dagli odiatori seriali dei social. Ma è proprio l’europarlamentare a spiegare la sua versione dei fatti.
“Si parlava della richiesta di protezione europea per il Prošek, un vino dolce croato. Richiesta che noi italiani contestiamo fortemente perché farebbe inevitabilmente concorrenza al nostro Prosecco. I colleghi De Castro, Lizzi, Bizzotto, intervengono prima di me, naturalmente in italiano, come sempre. Funziona così in Europa: gli italiani parlano in italiano, i tedeschi in tedesco, i croati in croato e così via: ci sono dei traduttori simultanei appositamente pagati per tradurre in tutte le lingue ogni intervento” spiega in un lungo post.
“Il collegamento da remoto non può farsi con Skype o Zoom come ha ipotizzato qualche ignorante, ma si può effettuare solo con un software apposito fornito dalla UE, e con una chiave personale assegnata a ciascun deputato. Dunque si può ascoltare ed intervenire solo utilizzando quello specifico software con le proprie credenziali – continua – Dopo oltre mezz’ora di riunione, mentre ascoltavo i colleghi, ricevo una telefonata da parte del segretariato, che mi avvisa che essendo collegato con iPhone non funzionerà la telecamera, a causa di un’incompatibilità fra la camera dell’iPhone (per lo meno così è stato martedì in commissione agricoltura) e quel software”.
“La funzionaria mi chiede dunque -in inglese, lingua che comprendo ma che non padroneggio affatto come l’italiano- se posso cambiare device, usare un PC o un iPad. Io le spiego che ho solo l’iPhone in quel momento e non posso cambiare device, e lei mi risponde che se è così il mio intervento sarà soltanto audio. Dopo circa un minuto da questa telefonata mi viene data la parola. Inizio a parlare e mi chiedono di attivare la telecamera, ed io spiego che non posso farlo perché appunto ho l’iPhone: in effetti il tasto che la attiva non funziona. A quel punto vengo interrotto e mi si chiede -giacché non sono visibile- di procedere con l’intervento ma in inglese. Provo al volo a tradurre il testo che ho scritto, ma mi rendo conto quasi subito di non essere in grado, dunque chiedo di poter fare comunque il mio intervento in italiano, come è mio diritto e come avevano fatto tutti i colleghi italiani che mi avevano preceduto”.
“A quel punto non solo mi viene negata questa possibilità, ma addirittura mi si spegne l’audio, impedendomi di fatto di esercitare un mio diritto di parlamentare, che è quello di fare il mio intervento nella mia lingua. Mi arrabbio così tanto da tornare in parlamento (la seduta sarebbe durata altre due ore) lasciando mia moglie sola a casa, per fare valere questo mio diritto. Tornato in commissione parlo con il segretariato che mi spiega come i traduttori si rifiutino di tradurre se non hanno il labiale, dunque il video”.
“Cosa succede invece il giorno dopo in Italia? La giornalista influencer Selvaggia Lucarelli pubblica i due minuti in cui inizio l’intervento e mi viene tolta la linea, Massimo Giletti ne fa un’interpretazione tutta sua in cui chiede “ma non ha Skype? Non sa accendere una telecamera? Così difendiamo i prodotti italiani?” e i quotidiani scrivono il falso parlando di “gaffe” e “figuraccia”: i social si scatenano, naturalmente arriva l’intera squadra dei picchiatori online di altri partiti (e non solo) supportata da notissimi esperti in merito al funzionamento del software in uso al Parlamento, quali l’intellettuale Luca Bizzarri che si dà di gomito con i soliti amichetti. Io da ieri ricevo -come al solito- insulti, minacce, violenza verbale a mai finire da haters di ogni colore, giacché questi campioni dell’informazione dicono a parole di voler combattere l’odio in rete, ma poi gettano benzina appena possibile senza nemmeno informarsi di come siano andate realmente le cose” conclude.