SCIACCA (AGRIGENTO) – Per 78 anni sono rimasti sepolti sotto terra. I resti di un Bombardiere americano abbattuto nel ’43 vicino Sciacca e di alcuni dei sei avieri che vi erano a bordo, sono stati ritrovati grazie a una missione in Sicilia del Dipartimento americano della Difesa. Sarà ora la comparazione del Dna con alcuni dei parenti ancora vivi a dare la certezza o meno che si tratti proprio di quei soldati scomparsi.
L’agenzia del governo Usa dal 2015 si occupa di trovare nel mondo i resti degli americani morti sul campo o che sono stati prigionieri nei più importanti conflitti mondiali. Trenta soldati guidati dal capitano Neal Gupta hanno scavato per un mese e mezzo in contrada Piana Grande di Misilufurmi, una vallata tra Sciacca e Menfi, a pochi chilometri dell’aeroporto fantasma, così chiamato perché la base militare rimase nascosta e mimetizzata per tre anni, dal 1940 al 1943.
“La ricerca è iniziata anni addietro”, spiega l’archeologo Clive Vella dell’Agenzia americana. “Dopo uno studio storico del rapporto scritto all’epoca avevamo contezza che il punto dove l’aereo è caduto si trovava a circa 1,5 chilometri dal centro di Sciacca. Poi nel 2017 siamo venuti per la prima volta a ispezionare la zona e con un metal detector ci siamo accorti che c’erano parti metalliche che, presumibilmente, appartenevano all’aereo che cercavamo”.
Così la ricerca ha mosso i primi passi concreti. A partire da un soldato americano sconosciuto sepolto al cimitero di Sciacca (era uno dei sei dispersi) fino a individuare la vallata dove presumibilmente si trovavano i resti degli altri 5 caduti. “L’unica indagine alla ricerca di questo Bombardiere abbattuto fu fatta nel 1944 dall’American Graves Registration Service che accertò la presenza di alcune parti dell’aereo”, racconta ancora Clive Vella. Di quel volo si conosce la storia: si trattava di un B25 con sei uomini a bordo, partito il 10 luglio 1943 da Hergla, in Tunisia, che sarebbe dovuto atterrare a Sciacca ma che fu abbattuto dalle forze della controaerea tedesca.
Su quell’area si sono concentrate ora le ricerche dei soldati americani: scavi con mezzi meccanici e a mani nude e poi le zolle di terra passate a setaccio con l’acqua per cercare resti di ferro, oggetti personali e frammenti di ossa. Tutto coordinato come in un campo militare, scandito da tempi precisi e piena collaborazione. Ora, la comparazione del Dna. L’obiettivo della campagna di ricerca è molteplice: tenere viva la memoria, rendere onore alla bandiera stelle e strisce e al ‘fratello americano’ morto in guerra lontano dagli Usa, restituire i resti alle famiglie.
In 41 nazioni sono 82 mila le vittime originarie degli Usa, soltanto 27.500 nell’area euro-mediterranea, 1.400 in Italia. In Sicilia i dispersi del Secondo conflitto mondiale sono 127, di cui 61 sono sepolti come sconosciuti ai cimiteri di Nettuno e Firenze. Solo nel 1943 gli incidenti aerei accertati sono stati 52 (con 128 soldati coinvolti), di cui non si sono trovati più i resti. Sui frammenti d’ossa ritrovati (i soldati li chiamano ‘evidenze’), una volta trasferiti nei laboratori di Omaha, in Nebraska, si studierà il Dna tramite la tecnologia Next-generation sequencing per poi compararlo con quello dei parenti.
“Già tre familiari dei cinque soldati dispersi sono stati informati della nostra ricerca e collaboreranno con noi” chiarisce Clive Vella. “La nostra missione è quella di cercare, identificare e restituire ai familiari i resti dei nostri fratelli americani morti nel mondo durante i conflitti – spiega il capitano Neal Gupta – non vogliamo lasciare nulla al caso ma ridare onore, anche dopo così tanto tempo, agli americani che sono caduti in conflitto”. L’identità dei cinque militari dispersi, seppur conosciuta dagli uomini dell’Agenzia, per ragioni militari e di sicurezza non verrà resa nota, “sino a quando non si completeranno le operazioni di avvenuta certezza dell’identità con gli esami sui frammenti ossei che potremo trovare”, chiarisce Vella.