CATANIA – Una delle più note pasticcerie di Catania taglieggiata, un panificio devastato durante un raid punitivo con aggressione e minacce di morte, prestiti a usura con tassi del 10 per cento al mese. Sono alcune delle attività criminose messe in atto dalla cosca Pillera-Puntina di Catania ed emerse dalle indagini della polizia che, con l’operazione ‘Consolazione’, ha arrestato 16 persone, tra esponenti di vertice e affiliati, anche grazie alla collaborazione delle vittime che hanno denunciato.
Questi i 16 pregiudicati arrestati:
IENI Giacomo Maurizio, inteso “Nuccio u mattuffo”, nato a Catania il 6.7.1957;
PAPPALARDO Fabrizio, nato a Catania il 2.10.1967;
BONFIGLIO Nicola Cristian Sebastiano, nato a Catania il 26.6.1985;
FARO Carmelo, inteso “pallittuni” o “caramella”, nato a Catania il 20.6.1970;
MAGNI Angelo, nato a Catania il 19.9.1964;
NICOLOSI Francesco, inteso “u tenenti”, nato a Catania il 2.10.1970;
PAPPALARDO Roberto, nato a Catania il 22.9.1971;
PUGLISI Vittorio, nato a Catania il 30.8.1960;
PULEO David Massimo, nato a Catania il 27.1.1972;
RECUPERO Giovanni, inteso “Cicina”, nato a Catania il 27.10.1971;
RUSSO Fausto, inteso “fimminedda”, nato a Catania il 31.7.1989;
RUSSO Tommaso Orazio Maria, nato a Catania il 2.7.1957;
SAITTA Giuseppe, inteso “u bimbu”, nato a Catania il 4.5.1968;
SICALI Giacinto, inteso “u pisciaru”, nato a Catania il 20.3.1965;
SPALLETTA Giacomo Pietro, nato a Catania l’1.7.1961;
PODESTA’ Carmelo, nato a Catania il 24.3.1986.
Appartenevano al clan facente capo allo storico leader attualmente detenuto Salvatore Pillera, detto “Turi cachiti”. Le attività investigative, che si sono avvalse del contributo di diversi collaboratori di giustizia, hanno consentito di scoprire che l’organizzazione era retta da Ieni, detto “Nuccio u mattuffu”, e da Pappalardo, a capo del cosiddetto gruppo del Borgo, nominativo con cui viene appellata piazza Cavour, abituale luogo di ritrovo dei membri ritenuti appartenenti al sodalizio.
I due, con gli elementi maggiormente rappresentativi (Faro, detto “pallittuni”, Puglisi e Spalletta), controllavano in maniera capillare la loro zona di influenza dedicandosi alle estorsioni nei confronti delle attività commerciali e al prestito di somme di denaro con tassi usurari pari al 10%. Tutto per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque, il controllo di attività economiche. Ieni e Spalletta peraltro erano sottoposti a sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno.
Le indagini sono state avviate nel 2015 e hanno fatto luce anche sulla richiesta a uno dei titolari della pasticceria Quaranta, sita in piazza Mancini Battaglia, costretto a versare 5.000 euro, in due rate, per le feste di Natale e Pasqua, a consegnare nel tempo a esponenti del clan 12 ceste natalizie e praticare per loro ‘sconti’ sugli acquisti.
Vittima di un raid invece il titolare di un panificio in via Orto dei Limoni che è stato devastato per fare pagare al titolare la ‘liquidazione’ che sarebbe spettata alla figlia di un appartenente al clan che lì aveva lavorato, colpendo con dei caschi alla testa due dipendenti presenti. Alle violenze, contesta la Dda della Procura di Catania, hanno fatto seguito le minacce alla moglie del panettiere (“Se non mi dici dov’è tuo marito scippamu (stacchiamo, ndr) a testa a te e ai bambini”) e allo stesso titolare (“Se non dici la verità ammazzo a te e la tua famiglia … il panificio domani deve restare chiuso se no ti ammazziamo la famiglia…”).
Dalle indagini è emerso anche il tentativo di estorsione a un imprenditore, picchiato e minacciato perché si rifiutava di pagare una tangente di oltre 9.000 euro, che ha denunciato la violenza subita. Il titolare di un’altra azienda è stato avvicinato e minacciato per indurlo a versare il pizzo al clan con la classica richiesta di “cercarsi un amico”, perché, gli è stato intimato, “è buona abitudine che quando uno viene a casa mia si dovrebbe presentare…”.
Attuata anche la tecnica estorsiva del ‘cavallo di ritorno’: la richiesta di un ‘riscatto’ al proprietario per la restituzione di uno scooter rubato. E’ da rimarcare che le vittime hanno collaborato denunciando gli autori delle richieste. L’operazione è stata denominata “Consolazione”, dal nome del quartiere di piazza Cavour. Tutti gli indagati sono stati portati in varie carceri siciliane di massima sicurezza, tranne Podestà che è stato sottoposto agli arresti domiciliari.