La Corte d’appello di Catania ha assolto l’ex presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, per concorso esterno all’associazione e corruzione elettorale. Alla lettura della sentenza l’ex leader del Mpa non era in aula perché voleva essere presente al funerale di un amico.
“Ho sempre avuto piena fiducia nel sistema giudiziario e nella magistratura e dopo 12 anni e stata ripagata dalla sentenza di oggi. Ho trovato giudici intelligenti, coscienziosi e coraggiosi”, ha detto Lombardo raggiunto dai cronisti lasciando trasparire un momento di commozione. L’ex presidente della Regione ha ringraziato il primo difensore il prof. Guido Ziccone, e i due avvocati che lo hanno difeso in questo processo: “Il prof. Vincenzo Maiello, maestro di diritto, e l’avvocato Maria Licata, impareggiabile per competenza, tenacia e passione. Palerò con i giornalisti – annuncia – in conferenza stampa la prossima settimana. Un grazie particolare a Radio Radicale e ai dirigenti di Nessuno tocchi Caino”.
Proprio l’avvocato Maria Licata ha spiegato che i giudici hanno assolto “per mancanza di prove dal reato associativo e per non avere commesso il fatto per la corruzione elettorale”, ma “bisogna attendere il deposito delle motivazioni per capire meglio il percorso logico seguito dalla Corte”.
L’INCHIESTA. L’inchiesta che in dieci anni di udienze ha portato a due sentenze ‘contrastanti’ e a un annullamento con rinvio della Cassazione si basa su indagini dei carabinieri del Ros di Catania su rapporti tra politica, imprenditori, ‘colletti bianchi’ e Cosa nostra. Per la Procura Lombardo avrebbe favorito clan e ricevuto voti alle regionali del 2008, quando fu eletto governatore. Accuse che lui ha sempre respinto.
La Procura, con i Pm Sabrina Gambino e Agata Santonocito, aveva chiesto la condanna di Raffaele Lombardo, a sette anni e quattro mesi di reclusione, per l’accesso al rito abbreviato. Al centro del processo i presunti contatti di Raffaele Lombardo con esponenti dei clan etnei che l’ex governatore ha sempre negato sostenendo di avere “nuociuto alla mafia come mai nessuno prima di me”, di “non avere incontrato esponenti” delle cosche e di avere “sempre combattuto Cosa nostra”.
Per questo i suoi legali, gli avvocati Maria Licata e il professore Vincenzo Maiello, hanno chiesto l’assoluzione del loro assistito “perché il fatto non sussiste”. Il procedimento ha anche trattato presunti favori elettorali del clan a Raffaele Lombardo nelle regionali del 2008, in cui fu eletto governatore, e a suo fratello Angelo, per cui si procede separatamente, per le politiche dello stesso anno. La Seconda sezione penale della Cassazione, tre anni fa, ha annullato con rinvio la sentenza emessa il 31 marzo 2017 dalla Corte d’appello di Catania che aveva assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa l’ex governatore e lo aveva condannato a due anni (pena sospesa) per corruzione elettorale aggravata dal metodo mafioso, ma senza intimidazione e violenza. Una sentenza, quella di secondo grado, che aveva riformato quella emessa il 19 febbraio 2014, col rito abbreviato, dal Gup Marina Rizza che lo aveva condannato a sei anni e otto mesi per concorso esterno all’associazione mafiosa ritenendolo, tra l’altro, “arbitro” e “moderatore” dei rapporti tra mafia, politica e imprenditoria.
Nelle motivazioni la Corte d’appello di Catania, nel riformare la sentenza di primo grado, aveva rilevato che “il summit tra i vertici mafiosi e Raffaele Lombardo nel giugno del 2003 a casa” dell’ex presidente della Regione, uno dei pilastri dell’accusa, “è un fatto assolutamente privo di riscontro probatorio”. Erano stati invece dimostrati, secondo i giudici di secondo grado, “i rapporti tra Lombardo e esponenti della mafia, che avrebbero agito per agevolare la sua elezione, ma dal quale non avrebbero ricevuto alcun favore”. La Corte d’appello gli aveva contestato la corruzione elettorale con l’aggravante di avere favorito la mafia, che non usa violenza né intimidisce, ma compra i voti con soldi, buoni spesa e favori. Una decisione non condivisa dalla Cassazione che “in accoglimento del ricorso della Procura generale di Catania” aveva poi annullato “la sentenza con rinvio ad altra sezione” della Corte d’appello di Catania, davanti alla quale si è celebrato il nuovo processo.
LE REAZIONI DELLA POLITICA. “Vicinanza per questo verdetto che ristabilisce la verità, non cancellando però la sua sofferenza”, è espressa a Lombardo dal presidente dei senatori di Italia Viva, Davide Faraone. Per il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, la decisione del collegio “restituisce serenità non soltanto a Lombardo e ai suoi familiari, ma anche all’Istituzione che ha guidato”. Il presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè, si dice “molto contento per Lombardo e la sua famiglia”. Il sottosegretario del M5s Giancarlo Cancelleri parla di “assoluzione che chiude una vicenda che ha sicuramente lacerato la politica e le istituzioni siciliane”. Il segretario della Lega in Sicilia, Nino Minardo, si dice “felice e sollevato per l’assoluzione” che “restituisce dignità e giustizia a Lombardo”. Secondo l’associazione Nessuno tocchi Caino la sentenza “è la riconquista dello Stato di Diritto”.