CATANIA – Carabinieri della compagnia di Paternò e del Nucleo ispettorato del lavoro (Nil) di Catania hanno denunciato cinque persone, tra mafiosi e loro familiari, accusati di avere percepito indebitamente il reddito di cittadinanza. Tra gli indagati appartenenti a clan che, pur condannati con sentenze passate in giudicato, hanno richiesto e ottenuto il beneficio, come un esponente della cosca Alleruzzo-Assinnata-Amantea e un appartenente al gruppo di Picanello della ‘famiglia’ Santapaola-Ercolano di Catania. Denunciate anche tre donne: una detenuta del clan Rapisarda, e moglie di reggente di una cosca attualmente in carcere in regime di 41 bis, e altre due hanno richiesto e ottenuto il beneficio per conto dei propri coniugi condannati definitivamente per associazione mafiosa. L’importo complessivo riscosso a vario titolo, secondo l’accusa indebitamente, tra marzo 2020 e settembre 2021 è di oltre 48.000 euro.
In particolare: P. P., attualmente detenuto, capo e organizzatore del clan Alleruzzo-Assinnata-Amantea, articolazione territoriale della famiglia Santapaola-Ercolano di Catania, tratto in arresto nell’ambito della recente operazione “Sotto Scacco”; A. R., attualmente detenuta, appartenente al clan Rapisarda, attivo nel comune di Paternò e articolazione locale della famiglia Laudani di Catania, moglie di Salvatore Rapisarda, alias “Turi u porcu”, reggente dell’omonimo clan, attualmente detenuto in regime speciale di 41-bis; S. S., appartenente al gruppo di Picanello della famiglia Santapaola-Ercolano, nonché altre due donne che hanno richiesto e ottenuto il beneficio per conto dei propri coniugi, pur essendo anche quest’ultimi gravati da sentenze di condanna definitive per associazione di tipo mafioso (nello specifico, appartenenti rispettivamente al gruppo di Picanello e al clan Morabito-Rapisarda).
L’Inps, su delega della Procura di Catania, ha revocato il beneficio e avviato le procedure per il loro recupero. Le operazioni condotte militari hanno consentito nel 2021 in città e provincia di acquisire elementi sul conto di 149 persone che, a vario titolo, con false attestazioni, hanno indebitamente goduto delle somme di denaro pubblico destinate loro per un ammontare complessivo di oltre un milione di euro.