E’ Rosario Palermo, l’ex convivente della madre della giovane scomparsa di casa il 4 giugno del 2012, l’uomo arrestato dai carabinieri di Acireale per l’omicidio e l’occultamento del cadavere di Agata Scuto, la 22enne scomparsa di casa il 4 giugno del 2012, il cui corpo non è stato mai trovato. L’uomo, lo accusa la Procura di Catania, “aveva instaurato un rapporto particolare con la ragazza”, “fornito false notizie sui suoi spostamenti” e “cercato di inquinare le prove”. “E’ verosimile che il movente debba essere ricercato nella probabile scoperta dello stato di gravidanza della 22enne che l’indagato voleva evitare si sapesse”: è l’ipotesi avanzata dalla Procura di Catania. All’indagato sono contestate le aggravanti di avere commesso il fatto ai danni di una persona portatrice di handicap e per l’avere agito per motivi abietti, costituiti dall’intento di nascondere la gravidanza di Agata Scuto e di continuare la relazione con la madre della 22enne. L’uomo è stato condotto nel carcere di Noto. L’interrogatorio di garanzia, davanti al Gip, si terrà giovedì prossimo.
Intercettato in auto, mentre parlava da solo, Palermo avrebbe espresso il timore che il corpo della ragazza, che era stata strangolata e bruciata, potesse essere ritrovato.
Le indagini sulla scomparsa di Agata Scuto erano state avviate dai carabinieri nel 2020 dopo una segnalazione alla trasmissione ‘Chi l’ha visto?’ di Rai3 sulla presenza del corpo della 22enne, affetta da epilessia e da una menomazione al braccio e alla gamba, nascosto nella cantina della casa della madre. Ma le ricerche hanno avuto esito negativo. Le attenzioni dei militari si sono concentrate su Rosario Palermo, spiega la Procura di Catania, “in ragione del rapporto particolare che egli aveva instaurato nell’ultimo periodo con la ragazza, la quale non usciva mai di casa da sola, né intratteneva rapporti con altre persone”, per “le falsità delle notizie fornite agli inquirenti” sui “suoi spostamenti il giorno della scomparsa di Agata”.
L’uomo, infatti, “non si era recato né a raccogliere lumache nella Piana di Catania né a raccogliere origano sull’Etna, come dallo stesso sostenuto negli interrogatori”. Tra i “gravi indizi di colpevolezza e responsabilità dell’uomo per l’omicidio e l’occultamento del cadavere” è citata una intercettazione ambientale. “Lo stesso, infatti, parlando da solo all’interno della propria autovettura – scrive la Procura di Catania – spaventato dal suo possibile arresto, manifestava il proprio timore che il corpo di Agata Scuto venisse trovato in un casolare a Pachino e che si accertasse che la stessa era stata strangolata e bruciata, riflettendo sulla necessità, inoltre, di recarsi sul luogo per verificare cosa fosse rimasto del cadavere”.
A fare crescere i sospetti su Palermo anche il fatto che l’uomo “avrebbe cercato di inquinare le prove, non solo ottenendo da dei suoi conoscenti la conferma del suo falso alibi, ma addirittura predisponendo una complessa messa in scena per simulare delle tracce tali da giustificare la ragione per la quale il giorno della scomparsa di Agata si era gravemente ferito a una gamba” sostenendo che era stato a causa di una caduta in montagna. “Al fine di inquinare le prove, l’indagato, durante le restrizioni alla libera circolazione dovute alla pandemia, accusa la Procura – avrebbe cercato di nascondere in una località sull’Etna un tondino di ferro intriso del suo sangue, tondino che avrebbe voluto fare ritrovare il giorno del suo arresto al fine di dimostrare il suo alibi e la sua innocenza”.