I carabinieri del Ros hanno arrestato a Palermo Giuseppe Guttadauro, detto “il dottore”, già primario dell’ospedale Civico di Palermo, coinvolto in passato nell’inchiesta sulle talpe alla Dda in cui fu indagato l’ex presidente della Regione Totò Cuffaro, e il figlio Mario Carlo. L’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa dal gip del Tribunale di Palermo. [fvplayer src=”https://vimeo.com/676736043″ splash=”https://i.vimeocdn.com/video/1371660143-714a9f7c41b0e5ff246cd44274341c39c8bc6f43e6eb269d0ab3333fbe22ea21-d_1920x1080?r=pad”]
Giuseppe Guttadauro (per il quale sono stati disposti gli arresti domiciliari) e il figlio Mario Carlo (finito in carcere), sono accusati di associazione di tipo mafioso. Ai due viene contestata l’appartenenza alla famiglia di Cosa nostra di Palermo-Roccella (inserita nel mandamento di Brancaccio-Ciaculli) e l’intervento sulle più significative dinamiche del mandamento mafioso di Villabate- Bagheria. Nell’ambito della stessa indagine sono indagati, ma non destinatari di provvedimenti cautelari, altri soggetti palermitani, tre dei quali sono considerati affiliati alla famiglia di Palermo-Roccella e due, in concorso con Mario Carlo Guttadauro, di lesioni aggravate.
Giuseppe Guttadauro era stato arrestato già il 22 maggio di vent’anni fa nell’operazione Ghiaccio. E’ il fratello di Filippo Guttadauro, cognato del boss latitante Matteo Messina Denaro. Dall’inchiesta sarebbe emerso che Guttadauro, da Roma, dove si era trasferito dopo la scarcerazione avvenuta il 2 marzo del 2012, avrebbe mantenuto i contatti con l’organizzazione mafiosa di riferimento anche attraverso il figlio Mario Carlo, che avrebbe fatto da trait d’union con gli altri indagati.
Nel corso dell’indagine è stato tra l’altro documentato l’intervento di Giuseppe Guttadauro per risolvere i contrasti che erano sorti a Palermo sull’esecuzione di lavori da realizzare in un’importante struttura industriale nella zona di Brancaccio. Le indagini hanno svelato il suo ruolo in un traffico di stupefacenti. Guttadauro avrebbe organizzato un commercio di droga con l’estero, finanziato da alcuni palermitani, aprendo un canale per l’acquisito della cocaina con il Sud America e con un albanese per il rifornimento di hashish. L’organizzazione avrebbe potuto contare su un assistente di volo, in rapporti con Guttadauro, che avrebbe dovuto trasportare 300 mila euro in Brasile nel momento in cui il carico di droga dal Sud America fosse arrivato in Olanda.
Le indagini hanno inoltre evidenziato le frequentazioni di Guttadauro negli ambienti facoltosi di Roma. Il dottore sarebbe intervenuto, con la promessa di un lauto compenso, per risolvere un contenzioso da circa 16 milioni di euro che una ricca donna romana aveva con un istituto bancario. Guttadauro non avrebbe esitato a prospettare la possibilità di usare la violenza se il suo intervento non fosse riuscito a dirimere la vertenza. Guttadauro avrebbe, in quel caso, incaricato qualcuno di malmenare chi avrebbe ostacolato la soluzione della vicenda. Gli inquirenti hanno anche ricostruito il movente di un pestaggio, che altri due indagati – su ordine di suo figlio Mario Carlo Guttadauro – avrebbero “commissionato” il 25 ottobre del 2016 nei confronti di un giovane palermitano, punito per averlo accusato, dicono gli inquirenti, di “condotte contrarie alle regole morali di Cosa nostra”.