CATANIA – Il 41,5% dei catanesi sotto i trent’anni lavora o ha lavorato in nero, la “forma” di lavoro più diffusa che le rilevazioni istituzionali fanno fatica a tracciare, percentuale superiore alla media nazionale (35%). È quanto emerge da “I giovani tra mercato e non mercato”, l’indagine biennale su campione realizzata e promossa da Fondazione Unipolis e curata da Fondazione Adapt per valorizzare le transizioni che un giovane compie prima di costruire una stabile identità professionale.
Dai dati della ricerca emerge come quasi un catanese su due lavora o ha lavorato in nero. Il 15,2% è invece, stato assunto con un contratto a tempo determinato, il 14,1% è stato impegnato in una collaborazione occasionale, l’11% ha lavorato come autonomo, il 7,6% ha firmato un contratto a tempo indeterminato, mentre il 6,5% è stato impiegato come stagionale o con un contratto a chiamata. Per quanto riguarda l’area di attività, la maggior parte dei lavori in nero è in aiuto compiti, svolto dal 37,1% del totale dei catanesi che hanno indicato di aver compiuto un’esperienza di lavoro in nero, seguito dalla baby-sitter (20% del totale) e da mansioni inerenti all’ambito della ristorazione, come cameriere o aiuto cuoco (17,1% del totale).
Lo studio evidenzia, inoltre, come la crisi pandemica abbia penalizzato soprattutto i giovani coinvolti in esperienze di lavoro irregolare: il 75% dei catanesi che lavoravano in nero durante i mesi della pandemia hanno interrotto l’esperienza lavorativa a causa delle misure di contenimento del Coronavirus. Un’altra area grigia riguarda i tirocini curricolari ed extracurricolari: solo il 25,37% dei catanesi ha dichiarato di aver maturato competenze tecniche. La pandemia ha influito anche sul lavoro regolarizzato: il 66,6% dei ragazzi residenti o domiciliati a Catania, che svolgevano un tirocinio (curriculare o extracurriculare), ha interrotto l’esperienza.
L’analisi mostra, infine, come a Catania, il 55,8% dei ragazzi abbiano svolto attività di volontariato. Più del 50% degli intervistati ritiene che tale attività sia un’occasione per sviluppare competenze di vario tipo, soprattutto la “capacità di pianificare e organizzare” e la “flessibilità”. Competenze che, nella percezione del 25% dei ragazzi, non si sono dimostrate utili. In questo quadro arriva una nota positiva guardando al futuro: un catanese su 2 guarda al proprio futuro lavorativo con ottimismo e speranza.