PALERMO – Grazie a carte d’identità contraffatte, documenti falsi e la compiacenza di un dipendente comunale e di uno regionale, avrebbero ottenuto numerosi finanziamenti da istituti di credito per circa mezzo milione di euro. I carabinieri della compagnia di Bagheria hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di cinque persone, accusate di associazione per delinquere finalizzata alle truffe e sostituzione di persona, fabbricazione di documenti falsi, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio ed accesso abusivo ad un sistema informatico. Nell’operazione risultano indagate altre 7 persone. Il provvedimento è stato emesso dal gip del tribunale di Palermo, su richiesta della Procura in base alle indagini condotte dalla compagnia di Bagheria tra dicembre 2019 e agosto 2020.
Secondo le indagini, la presunta organizzazione avrebbe messo a segno truffe in serie ai danni di numerosi istituti di credito con lo stesso modus operandi. Gli indagati avrebbero rubato l’identità di vittime all’oscuro della truffa, per lo più facoltosi professionisti in pensione. Con i documenti contraffatti e la documentazione falsa, sarebbero state avviate pratiche di finanziamento personale, tra i 12 mila e gli 80 mila euro o per l’acquisto di auto, che poi sarebbero state subito rivendute a terzi.
Della presunta banda avrebbe fatto parte un impiegato dell’Ufficio Anagrafe del Comune di Palermo che sarebbe stato incaricato di fornire le generalità delle vittime, necessarie a compiere la sostituzione di persona (dati anagrafici, stato civile, numero dei documenti di riconoscimento). Un’attività che sarebbe stata realizzata attraverso l’accesso abusivo ai sistemi informatici a lui in uso per ragioni di servizio e dietro pagamento di un illecito corrispettivo.
Un funzionario del dipartimento dello Sviluppo rurale e territoriale della Regione Siciliana, quest’ultimo già interdetto dai pubblici uffici perché condannato per truffa, avrebbe invece fornito il numero di telefono fisso del proprio ufficio, da indicare nella stipula del contratto a garanzia del finanziamento, per far fronte a eventuali chiamate di controllo degli istituti di credito, così da poter assicurare telefonicamente che i richiedenti fossero dipendenti regionali.
Risultano indagate in stato di libertà anche altre sette persone, le quali secondo l’accusa avrebbero ‘prestato’ la propria fotografia per la materiale fabbricazione di documenti falsi, poi utilizzati nelle varie fasi delle presunte truffe. Nel corso dell’attività di indagine sono state documentate 18 presunte truffe, commesse nell’arco di quasi un anno per un valore complessivo stimato in circa mezzo milione di euro.
L’organizzazione aveva tentato di vendere un’auto con documenti falsificati a un carabiniere. Il militare non appena ha compreso che si trovava davanti a carta d’identità e documenti di immatricolazioni non autentici ha denunciato l’accaduto alla Procura di Termini Imerese, facendo così aprire un’inchiesta. Era il 19 gennaio del 2019. Da quel giorno carabinieri hanno iniziato le indagini che avrebbero portato ai presunti capi dell’organizzazione Saverio Giunta, Stefano Ganci e Rosario Di Fatta. I tre si sarebbero avvalsi della collaborazione di Salvatore Randazzo, dipendente comunale che lavorava nella delegazione Capinera, che dietro somme di denaro avrebbe effettuato accessi nel sistema informatico del Comune di Palermo per dare informazioni sui truffati e di Lorenzo Motisi funzionario regionale che aveva messo a disposizione il proprio telefono fisso al dipartimento regionale dello Sviluppo rurale e territoriale siciliano per il richiedente del finanziamento.
Questi i nomi degli arrestati: Lorenzo Motisi, 44 anni, funzionario regionale, Salvatore Randazzo, 58 anni, dipendente comunale dell’ufficio anagrafe di Palermo, Rosario Di Fatta, 56 anni, Stefano Ganci, 53 anni, Saverio Giunta, 66 anni.