PALERMO – I carabinieri di Palermo hanno eseguito nel capoluogo siciliano e a Napoli una misura cautelare nei confronti di 8 persone accusate di detenzione e cessione, in concorso, di sostanze stupefacenti. Cinque sono finite in carcere e tre agli arresti domiciliari. L’indagine, avviata nel gennaio del 2019, coordinata da un pool di magistrati diretti dal procuratore aggiunto Paolo Guido, ha smantellato un’organizzazione criminale che spacciava nel mandamento mafioso di Porta Nuova e aveva come base i quartieri di Borgo Vecchio e della Kalsa. L’inchiesta è partita dalla denuncia presentata dal giornalista de Le Iene Ismaele La Vardera che, nel corso della campagna elettorale per le elezioni amministrative di Palermo, a giugno 2017, aveva avuto un incontro con alcuni soggetti che millantando il controllo del quartiere Kalsa, si erano resi disponibili a procacciare voti in cambio di soldi.
[fvplayer src=”https://vimeo.com/698073886″ splash=”https://i.vimeocdn.com/video/1411771438-8e8b7193722788050230e8abb77a860775e372aae0f79798655c54b4f01a53f7-d_1920x1080?r=pad”] L’inchiesta giornalistica ha dato input alle indagini dei carabinieri che avrebbero scoperto l’attività di spaccio e accertato che veniva gestita da un gruppo di persone tra loro legate da vincoli di parentela. In particolare, secondo gli inquirenti, il capo della organizzazione a gestione familiare era detenuto e avrebbe dal carcere organizzato acquisti e cessioni di droga in concorso con alcuni degli arrestati di questa notte. E’ stato confermato, inoltre, come già emerso in tante altre operazioni, un canale diretto di approvvigionamento di hashish tra Palermo e Napoli.
La droga sarebbe stata rivenduta al dettaglio ai vari pusher nelle piazze di spaccio dei quartieri Borgo Vecchio e Kalsa. Nel corso dell’attività erano già state arrestate in flagranza di reato 3 persone e sequestrati circa 50 chili di hashish. L’operazione di oggi a Borgo Vecchio e alla Kalsa è l’ennesima condotta in questi ultimi mesi a Palermo. Cinque degli indagati: sono Ottavio Abbate, di 55 anni, Antonino Abbate, di 40, Francesco Paolo Cinà, di 28, Pietro Abbate, di 60, e Ugo Mormone, di 44. Il Gip ha disposto gli arresti domiciliari per Salvatore Abbate, di 22 anni, Marco Abbate, di 23, e Fabrizio Bianco, di 24.
Ottavio Abbate, detenuto per estorsione, anche dal carcere di Agrigento controllava lo spaccio di droga nel quartiere Kalsa. L’uomo usava schede telefoniche intestate a cittadini del Bangladesh. Quando si diffuse la notizia del pentimento del boss Francesco Colletti, Abbate, parlando con il figlio e la moglie, spiegò come fare arrivare nuove sim “pulite”. Al telefono dava poi disposizioni sulle questioni legate al mandamento mafioso e disponeva dei soldi. “Mi deve dare 7.000 euro a me… ancora non me li ha dati”, gli diceva il figlio Salvatore, riferendosi a un uomo soprannominato “U pompa di benzina”, come si legge nell’ordinanza firmata dal gip Walter Turturici. Dalla cella attraverso il telefonino passava i suoi ordini a “Nicola dello Sperone”, “stuppaglia”, “Daniele u funcia”, tutti soprannomi di persone che dovevano soldi alla famiglia Abbate. Le richieste di saldo erano perentorie e dovevano essere soddisfatte.