Sette genitori su dieci non gradiscono le indicazioni nazionali del ministero dell’Istruzione sulla trattazione dei temi legati alla sessualità già con gli alunni della scuola primaria; anche da parte degli stessi ragazzi e, seppure in modo meno evidente, da parte degli insegnanti vengono espressi dubbi e contrarietà. Lo si evince da un sondaggio nazionale realizzato della rivista specializzata La Tecnica della scuola, al quale hanno partecipato 1.313 persone, con prevalenza di docenti e genitori.
Tra coloro che hanno espresso perplessità figurano diversi nonni, un sacerdote e una catechista. Rispetto all’educazione sessuale nella scuola primaria, si è detto contrario il 57,6% dei docenti che ha partecipato al sondaggio: solo il 40.2% ha espresso il proprio consenso alla trattazione di questo genere di contenuti, confermando i dubbi pure da parte di chi è esperto di pedagogia e didattica.
Le perplessità di chi ha partecipato al sondaggio sono di vario genere, anche se c’è una ricorrente conditio sine qua non: di sessualità si può parlare a scuola “solo con informazione preventiva ai genitori su docenti e contenuti e consenso scritto dei genitori”. C’è chi ha specificato che si può fare ma “al massimo al quinto anno” della primaria e comunque sarebbe “meglio trattarla nella secondaria di primo grado”: chi ha chiesto di parlarne “solo in caso di necessità” e “sicuramente da concordare con la famiglia”,” perché “altrimenti è pericoloso inculcare nei bambini il gender“.
La materia è ad oggi regolata dalle Indicazioni nazionali per il curricolo del 2012, in tema di traguardi per lo sviluppo delle competenze alla fine della scuola primaria, in ambito scientifico: l’alunno ha consapevolezza della struttura e dello sviluppo del proprio corpo, nei suoi diversi organi e apparati, ne riconosce e descrive il funzionamento, utilizzando modelli intuitivi e ha cura della sua salute. In particolare, alla fine della classe quinta l’alunno dovrà acquisire le prime informazioni sulla riproduzione e la sessualità.