MASCALUCIA (CATANIA) – “Cosa scatta nella mente di una madre che uccide una figlia? Non sono io che lo devo dire, ci sono le persone qualificate per questo, ma comprendiamo che manca qualcosa che è essenziale in una donna: l’istinto materno. Quando viene annullato l’istinto materno vuol dire che c’è qualcosa che lo ha sconvolto in una maniera radicale”. L’arcivescovo di Catania, Luigi Renna, ha risposto alle domande dei giornalisti sull’omicidio della piccola Elena prima di celebrare una messa nella chiesa di San Vito a Mascalucia.
“Alla madre – ha affermato – direi fermati, rifletti e pensa che la tua vita può essere diversa. Io credo che sarebbero le stesse cose che le direbbe la sua bambina, perché ogni bambina vuole bene alla sua mamma. La famiglia non l’ho sentita, ma anche se lo avessi fatto manterrei un grande riserbo. Odio sui social? Non voglio giudicare chi si lascia andare a questi sentimenti, l’odio alimenta altro odio, non serve a nessuno. non è con la vendetta che si possono risolvere i problemi. E non sono la vendetta e l’odio che ci restituiranno alla vita questa bambina. Al Signore io chiedo di accogliere Elena e che ciascun componente di questa famiglia trovi la forza di ricominciare, che possano guardare al futuro pensando che questa bambina chieda loro di amare la vita”.
Poi l’omelia: “Facciamo silenzio e rispettiamo il dolore. Guardiamo con grande senso di responsabilità a quello che può accadere a chiunque, in circostanze estreme. Guardiamo con grande senso di responsabilità a quello che può accadere a chiunque, in circostanze estreme. Ci permettiamo solo di aggiungere al silenzio un invito, quello ad usare misericordia. La vendetta non può riportare in vita la piccola Elena. I sentimenti, pur comprensibili, di rabbia e di astio, non daranno pace a nessuno”.
“Non è una morte qualunque quella della piccola – osserva Renna – e ci interroga su circostanze e responsabilità. Ma noi vogliamo essere profondamente umani e cristiani e quindi non vogliamo entrate nella coscienza delle persone e nella situazione di una famiglia che oggi ha diritto al silenzio e alla discrezione. Ogni giudizio rischierebbe di tralasciare qualcosa di quello che può accadere in quell’abisso che è il cuore umano, che quando vive la solitudine e drammi che non trovano nessun ascolto e sostegno, diventa come la lava incandescente che vediamo eruttare dal nostro vulcano”.
“Vorrei che nessuno dimenticasse – aggiunge l’arcivescovo – che in un bambino c’è sempre uno sguardo innocente e fiducioso che non fa mai la differenza, anche con chi gli ha fatto del male. I bambini sono fragili proprio perché sono così. Questa morte, infine, ci interroga come comunità cristiana e civile, perché quando si consuma una tragedia tutti dobbiamo chiederci quale è il suo punto di inizio, cosa è mancato alla persona e alla società in cui la persona vive. Questa storia diventi per noi occasione per far crescere nelle nostre comunità il senso della solidarietà, il rifiuto di ogni forma di giudizio discriminante, l’organizzazione di strutture e percorsi che diano speranza a tutti”.