SAN GIOVANNI LA PUNTA (CATANIA) – Una presunta organizzazione accusata di gestire il traffico e lo spaccio di droga, in particolare marijuana e cocaina, a San Giovanni La Punta e nei paesi limitrofi, è stata sgominata dai carabinieri di Catania. Nell’ambito dell’operazione Koala dei carabinieri il Gip ha disposto la custodia in carcere per 14 indagati, gli arresti domiciliari per uno e l’obbligo di dimora e di presentazione alla polizia giudiziaria per altri due. Tra i reati contestati, a vario titolo, anche l’associazione per delinquere.
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Al centro dell’inchiesta indagini dei militari dell’Arma, da marzo a luglio 2021, avviate dopo l’arresto di Gaetano Rizzo che, sostiene la Procura di Catania, sebbene detenuto nel carcere di Caltagirone, con l’uso di telefoni cellulari, sarebbe riuscito a gestire il traffico di droga, dando disposizioni sullo spaccio e sull’acquisto delle forniture. Nella sua abitazione, dove continuava a vendere droga nonostante fosse ai domiciliari, i carabinieri avevano in passato sequestrato un manoscritto che conteneva verosimilmente la contabilità dell’associazione. L’indagine, basata anche su intercettazioni telefoniche ed ambientali, oltre che su videoriprese e pedinamenti, avrebbe fatto luce su un gruppo che lavorava secondo una precisa suddivisione dei compiti e orari e con una “cassa comune”. L’incasso sarebbe stato di circa 10mila euro settimanali a fronte di un presunto approvvigionamento di 14mila euro mensili di cocaina. La banda effettuava prevalentemente consegne a domicilio, utilizzando anche l’auto della compagna del Rizzo. Il sodalizio non si sarebbe limitato solamente alla cessione al dettaglio, ma sembra aver fornito sostanza stupefacente anche ad intermediari interessati allo smercio. Dalle indagini dei carabinieri sarebbe emersa la presenza di stabili fornitori che, in tempi diversi, avrebbero approvvigionato il sodalizio: dapprima, secondo l’ipotesi investigativa da sottoporre ancora al contraddittorio delle parti, le sarebbero state effettuate da Daniele Carmelo Zappalà e, successivamente, da Salvatore Strano e da suo figlio Gioacchino, detto “Joy”. Il contatto con quest’ultimo sarebbe avvenuto durante un periodo di detenzione in comune tra lui e Rizzo. Sulla base dei risultati investigativi, attualmente sottoposti all’esame del Gip, per la Procura è possibile ipotizzare che Salvatore Strano abbia utilizzato i locali del Caf patronato dallo lui gestito per effettuare le consegne dello stupefacente. L’attività dei carabinieri ha permesso di sequestrare in flagranza di reato 110 grammi di cocaina e 750 grammi di marijuana.