PALERMO – A reggere il mandamento era lui: Giuseppe Incontrera, ucciso, in pieno giorno, giovedì scorso, nel quartiere Zisa da un pregiudicato con precedenti per droga che ieri si è costituito. A svelare il ruolo della vittima nello storico clan di Porta Nuova è stata una inchiesta della Dda di Palermo, coordinata dall’aggiunto Paolo Guido, che oggi ha portato al fermo di 18 persone. Gregari, estortori e boss del mandamento, tra i quali il figlio di Incontrera, Salvatore, e il consuocero, Giuseppe Di Giovanni, fratello dei capimafia detenuti Gregorio e Tommaso. In manette anche lo storico padrino Tommaso Lo Presti, scarcerato nel 2020.
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L’ultima inchiesta della Procura del capoluogo, che ha potuto contare sulla collaborazione di due vittime del pizzo, conferma il controllo, da parte della mafia, delle attività commerciali della città, taglieggiate a tappeto. Secondo quanto scoperto dai carabinieri Incontrera aveva una squadra di picchiatori ed esattori del racket che avvicinavo imprenditori, operai e commercianti e imponevano la tassa mafiosa. Provavano con tutti i cantieri aperti nella zona. Nessuno escluso. Se non riuscivano con il titolare delle imprese, si rivolgevano agli operai. “O levate mano subito o fate avere 2 mila euro a piazza Ingastone”, si sente in una intercettazione. Anche in piazza Zisa per i lavori di ristrutturazione di un immobile gli uomini della cosca hanno chiesto 2 mila euro e se non trovavano i soldi e non riuscivano a contattare il titolare dell’impresa arrivava l’ordine perentorio: “Allora chiudi tutto e te ne vai”.
Il pizzo sarebbe stato preteso anche da alcuni ristoranti, da una tabaccheria, da un’agenzia di scommesse in via Silvio Pellico, dal titolare di un negozio moto che aveva subito la perdita di familiari in una tragedia nel palermitano alcuni anni fa. Fiorente anche il business del traffico di droga. Gli uomini della cosca garantivano un servizio per i clienti attivo h24 che sarebbe stato gestito, secondo l’accusa, da Roberto Verdone. Nicolò Di Michele e Salvatore Incontrera. In ognuna delle piazze principali di spaccio sarebbe stato individuato un capo: secondo gli investigatori, Giuseppe Giunta e Andrea Damiano al Capo e a Ballarò, Gioacchino Pispicia in via Cipressi, Leonardo Marino alla Vucciria, Antonino e Giorgio Stassi in via Regina Bianca. Per i 18 indagati, nei mesi scorsi, la Procura aveva chiesto al gip l’arresto. Ma l’omicidio di Incontrera ha costretto i pm ad accelerare e disporre il fermo. Alcuni dei boss progettavano la fuga e si temevano vendette dopo il delitto.
Gli indagati nell’operazione “Vento” sono: Giuseppe Di Giovanni, 42 anni, Tommaso Lo Presti, 57 anni, Giuseppe Auteri, 47 anni, Calogero Lo Presti, 69 anni, Giuseppe Giunta, 35 anni, Domenico Lo Iacono, 46 anni, Salvatore Di Giovanni, 28 anni, Antonino Ventimiglia, 52 anni , Roberto Verdone, 51 anni, Nicoló Di Michele, 31 anni, Salvatore Incontrera, 25 anni, Antonino Stassi, 33 anni, Giorgio Stassi, 67 anni, Andrea Damiano, 44 anni, Gioacchino Pispicia, 25 anni, Antonino Bologna, 25 anni, Gioacchino Fardella, 21 anni, Leonardo Marino, 32 anni. I 18 fermati sono stati trasferiti nel carcere Pagliarelli.