Cinque egiziani, di età compresa tra i 21 e i 28 anni, ritenuti i presunti scafisti di un peschereccio con 674 migranti a bordo, 179 dei quali arrivati ieri a Messina, assieme a cinque cadaveri, sono stati fermati da polizia e guardia di finanza. La Procura ipotizza i reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e morte come conseguenza di altro delitto. Secondo l’accusa, basata su testimoni che hanno detto di avere essere stati picchiati con bastoni e cinghie durante il viaggio, i decessi sarebbero avvenuti per disidratazione legata al forte caldo e alla mancanza di acqua potabile, fortemente razionata a bordo. Il provvedimento è stato eseguiti dalla squadra mobile della Questura e dal nucleo Pef della Guardia di finanza. I 179 migranti e i corpi delle cinque vittime sono arrivati ieri mattina al molo Norimberga di Messina a bordo di due motovedette della capitaneria di porto. Erano su un peschereccio, sul si trovavano 674 persone, soccorso nel Mediterraneo e poi trasferite nei porti di Messina, Siracusa, Catania e Crotone.
Le indagini, basate sui racconti dei testimoni, hanno permesso di ricostruire che i migranti, dopo circa un mese di permanenza in una connection house sulle coste Libiche, erano stati portati sul peschereccio, che è salpato la sera del 19 luglio. Durante la traversata i membri dell’equipaggio hanno improvvisamente spento i motori e chiesto soccorso, con un dispositivo satellitare di cui si sono poi liberati, gettandolo in mare. I migranti hanno raccontato di essere stati picchiati a bordo con colpi di bastoni e cinghie anche come reazione alla richiesta di cibo e acqua. Durante la traversata, ricostruisce la Procura di Messina, “le risorse idriche e di cibo sono state disumanamente razionate, al punto che i migranti erano costretti a spartirsi un bicchierino da caffè pieno d’acqua in dieci”.
A causa del forte caldo e della mancanza di acqua potabile, molti di loro, è il racconto dei testi, “hanno accusato dei malori” e hanno detto di “aver visto morire i loro compagni di viaggio per il caldo e la disidratazione, essendo stati tutti costretti a bere anche l’acqua del mare e del motore”. Un testimone ha anche raccontato che i membri dell’equipaggio del peschereccio hanno assegnato ad un migrante il compito di gestire e razionare le scorte di acqua potabile e quando si rifiutava di svolgerla o non usava la dovuta parsimonia, veniva picchiato violentemente e i migranti subivano un ulteriore progressivo razionamento dell’acqua da bere.