BRUXELLES – Una delle figlie di Vladimir Putin, Katerina Tichonova, a partire dal 2015 ha visitato molto spesso la Germania – dove veniva a trovare il suo compagno, l’artista russo Igor Selensky, che fino all’aprile di quest’anno dirigeva il Bayrische Staatsballet – anche grazie a un visto Schengen emesso dall’Italia. Oltre 20 volte. E fin qui nulla d’illegale, dato che Tichonova è stata aggiunta alla lista nera dell’Ue solo lo scorso aprile. Stando però a quanto ricostruito da Der Spiegel insieme alla testata investigativa russa IStories, i servizi di sicurezza tedeschi hanno notato l’ingresso della donna soltanto nel 2019, per giunta in modo casuale.
In Germania, evidenzia il settimanale, per principio non si registrano gli ingressi e i servizi non sono tenuti ad annotare gli spostamenti dei figli dei despoti stranieri. Una circostanza che ha sollecitato le critiche di un esponente dell’Spd, Sebastian Fiedler, parlamentare ed esperto di affari interni. “Il caso è un esempio illustre del fatto che nei decenni scorsi non abbiamo sviluppato alcuna strategia per contrastare gli agenti russi e le loro attività: non possiamo andare avanti così”. La circostanza rischia di rafforzare la mano negoziale al gruppo di Paesi che sta lottando perché s’introduca a livello Ue un divieto d’ingresso ai turisti russi (i Baltici, la Polonia e la Finlandia, con il sostegno della Repubblica Ceca, presidente di turno).
“È una questione di credibilità e di chiarezza morale dell’Ue mentre crimini di guerra e forse un genocidio si stanno svolgendo ai nostri confini”, ha ribadito la premier estone Kaja Kallas. “Fermare questo afflusso non è solo un dovere morale ma anche di sicurezza pubblica e nazionale, nonché di attuazione delle sanzioni”, ha aggiunto Kallas. Tra i Paesi contrari la Grecia e Cipro, oltre che la stessa Germania. Ma non solo. Pure l’alto rappresentante per la politica estera Ue, Josep Borrell, si è detto scettico poiché “ci sono molti russi che vogliono fuggire dal loro Paese”.
Al contrario, il capogruppo del Partito Popolare Europeo, il tedesco Manfred Weber, si è espresso in favore del divieto. Un’apertura importante. Il blocco nord-orientale non vuole a ogni modo sentire ragioni e sostiene di essere pronto a varare “misure comuni regionali”. Che sarebbero però molto meno efficaci. L’Estonia, per esempio, ha già bloccato l’ingresso ai turisti russi in possesso di un visto Schengen emesso dal Paese ma non quelli rilasciati da altri Stati membri. Il sistema prevede infatti che chi è in possesso di un permesso di viaggio europeo non è obbligato a entrare nel territorio Ue dal Paese che ha rilasciato il visto. Ebbene.
Dal 24 febbraio circa un milione di cittadini russi ha attraversato le frontiere Ue e la maggioranza, oltre il 60%, lo ha fatto via terra attraverso le frontiere di Finlandia, Estonia e Lettonia. Il parcheggio dell’aeroporto di Helsinki si è non a caso riempito di macchine di lusso con targa russa, dato che da lì i turisti possono poi raggiungere i resort del Mediterraneo. Ha destato infine scalpore il video circolato sui social che immortala la moglie di Dmitry Peskov, portavoce (sanzionato) del Cremlino, mentre si gode una vacanza apparentemente in Grecia. Ecco, all’interno dell’Ue lei non ci avrebbe dovuto mettere piede.
Il gruppo dei falchi ribadisce di non volere chiudere del tutto la porta, dato che i visti per ragioni umanitarie (a giornalisti, attivisti, oppositori) saranno sempre permessi, così come le visite ai familiari. La politica degli ingressi ai russi a livello comunitario resta ad ogni modo a macchia di leopardo: non tutti i Paesi, nonostante le raccomandazioni della Commissione, hanno ad esempio sospeso ai russi i regimi preferenziali (in cambio d’investimenti, di solito) per ottenere permessi di soggiorno, e dunque di movimento, all’interno delle frontiere Schengen. “Le discussioni sono in corso”, fa sapere la Commissione.