Un giovane bracciante gambiano trovato impiccato nel penitenziario di Siracusa e un 44enne finito dentro per furto a Caltagirone, mentre era in attesa di essere inserito in una comunità assistita. Sono gli ultimi due nomi in un lungo elenco di suicidi: 57 in otto mesi ne conta l’associazione Antigone, che lancia un Sos. “Il carcere non è una condanna a morte. È necessario intervenire affinché il dramma che sta interessando gli istituti di pena italiani in questo 2022 si possa fermare”, chiede Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione che si batte per i diritti dei detenuti.
Da inizio anno 57 persone si sono tolte la vita nelle carceri, lo stesso numero registrato in tutto il 2021. E agosto è un mese tragico con 14 suicidi, significa in media più di uno ogni due giorni. “Proprio in questo mese così drammatico la nostra associazione – spiega Gonnella – ha lanciato la campagna ‘Una telefonata allunga la vita’, chiedendo una riforma urgente del regolamento del 2000 che porti ad una liberalizzazione delle telefonate per i detenuti”. Ad uccidersi sono persone spesso giovani, la maggior parte di chi si è tolto la vita quest’anno aveva tra i 20 e i 30 anni. Secondo i volontari di Antigone, in un momento di sconforto, sentire una voce familiare, può aiutare una persona a desistere dall’intento di suicidarsi.
“I 10 minuti a settimana previsti attualmente – aggiunge Gonnella – non hanno più nessun fondamento, né di carattere tecnologico, né economico, né securitario. Cambiare quel regolamento non
comporta alcun atto legislativo e il governo potrebbe farlo anche in questa fase transitoria”. Ricorda come dopo la sospensione dei colloqui nel 2020, Antigone “chiese che a tutti i detenuti fossero concesse chiamate e videochiamate in più rispetto a quanto previsto dai regolamenti. Quella richiesta fu accolta e nel giro di pochi giorni nelle carceri di tutto il paese arrivarono oltre 1.000 tra cellulari e tablet. Servì a riportare la calma negli istituti di pena” attraversati dalle proteste. “Oggi – insiste – il dramma che sta attraversando il carcere non è il Covid ma sono i suicidi. La risposta, oggi come allora, passa anche dalla possibile vicinanza affettiva”.