Sono stati trovati nell’area dell’impatto i resti dei due piloti del canadair precipitato ieri a monte Calcinera, sull’Etna, durante un’operazione di spegnimento di un incendio nella zona. A perde la vita sono stati il comandante Matteo Pozzoli, 58 enne di Erba (in provincia di Como), e Roberto Mazzone, 62enne di Salerno. Pozzoli è un ex pilota dell’aeronautica militare.
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Gennaro D’Alessio, bancario salernitano in pensione, descrive l’amico Roberto Mazzone come un uomo con molto sangue freddo e una grande esperienza, serio, silenzioso, riservato e posato che aveva fatto di una passione il suo lavoro. D’Alessio e Mazzone si sono conosciuti da ragazzi, entrambi sono stati volontari di una associazione che gestisce un servizio di ambulanza a Salerno: “Soccorso Amico”. “Da allora siamo sempre rimasti in contatto – dice -. Entrambi, anche da adulti, abbiamo continuato a operare come volontari nella nostra associazione”. Mazzone faceva l’istruttore di volo. “A Salerno era molto noto e apprezzato “, racconta l’amico. Lascia la moglie, magistrato, e due figli.
Pozzoli era figlio dell’ex sindaco leghista del paese. Nel 1997, mentre era alla guida del Siai 208, ebbe un incidente sul monte Luponi, a Cori, in provincia di Latina. Nel disastro aereo, in cui rimase gravemente ferito, perse la vita il capitano Maurizio Poggiali, che volava con lui. Pozzoli venne condannato in via definitiva per omicidio colposo a un anno e sei mesi e per danno erariale dalla Corte dei conti. Non è chiaro chi tra Pozzoli e Mazzone fosse al volante al momento dello schianto.
“Siamo qui sul luogo dell’incidente dove mio fratello ha perso la vita mentre spegneva un incendio che qualcun altro ha acceso. Sono anni che lo faceva, ma è partita la macchina del fango che è soltanto vergognosa. Sono partite dicerie e storie assurde che sono terribili. Mi auguro che venga fuori la verità e riconosciuto quanto ha fatto”, dice Simone Pozzoli.
In un video dell’incidente, girato con un telefono cellulare, si vede il canadair che vola sul monte Calcinera effettuare un ‘lancio’ sulle fiamme dell’acqua con cui si era rifornito in mare, abbassarsi e urtare con la carena sul terreno e poi esplodere. La deflagrazione ha causato anche un incendio che ha reso ancora più difficile l’intervento dei soccorritori e le ricerche dei piloti. Il velivolo era al suo terzo ‘passaggio’ sulla zona.
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Sono due le ipotesi si cui si lavora per ricostruire le cause dell’incidente: uno stallo d’ala dovuto a una manovra sbagliata o un volo a quota troppo bassa. L’aereo era decollato da Lamezia Terme, nel Catanzarese, ed era impegnato nelle operazioni di spegnimento di un incendio boschivo in territorio di Linguaglossa, la cui origine non è stata accertata e che in serata è stato quasi domato. Il canadair è della società internazionale Babcock, che effettua servizi antincendio per i vigili del fuoco. La società ha annunciato di avere aperto un’ inchiesta e ha inviato dei tecnici sul posto.
Sull’incidente indagano i carabinieri della compagnia di Randazzo, coordinati dalla Procura di Catania. Sono due i fronti: il primo troncone riguarda le cause del disastro aereo, ovvero verificare se sia stato dovuto a un errore di manovra o a problemi di volo o strutturali. Il secondo sulla causa dell’incendio per cui il canadair 28 era stato chiamato a intervenire: accertare se è stato appiccato e quindi sia stato doloso. I reati ipotizzati dalla Procura per il momento sono disastro aviatorio colposo e incendio. Domani sarà conferito l’incarico per l’autopsia sui resti e successivamente quello tecnico per l’analisi della scatola nera, che è stata trovata.