NAPOLI – Undici ordinanze di custodia cautelare sono state eseguite dai carabinieri del comando provinciale di Napoli nell’ambito delle indagini su un giro di usura gestito dalla camorra. Tra i destinatari delle misure anche un militare dell’Arma, il luogotenente catanese Giuseppe Bucolo, di 56 anni. Per il militare, accusato di corruzione, sono stati disposti gli arresti domiciliari. Bucolo avrebbe intascato per anni e anni le “mazzette” dei vari gruppi camorristici della zona. Tra il 2005 e il maggio 2007 avrebbe percepito 5 mila euro al mese dalle mani di un esponente di spicco del gruppo camorristico Puccinelli del rione Traiano per fornire informazioni riservate circa le indagini e anche riguardo le operazioni di contrasto nei confronti dell’organizzazione camorristica.
Non solo. Secondo gli inquirenti Bucolo, in servizio presso la compagnia di Bagnoli e al quale i reati vengono contestati con l’aggravante mafiosa, avrebbe anche omesso e ritardato i controlli e sequestri di droga nei confronti degli affiliati alla famiglia malavitosa dei Puccinelli. Tra il 2003 e il 2006 il carabiniere poi avrebbe intascato mensilmente denaro (1.000, 1.500 e 2.000 euro) da diversi esponenti della camorra, tra questi anche dal collaboratore di giustizia Gennaro Carra, ex esponente di spicco del clan Cutolo, anche questo del rione Traiano di Napoli, oltre che, dal 2005 al 2021, da Antonio Volpe (1.500 euro), esponente di spicco del gruppo Baratto-Volpe (detto dei “Calacioni”) di Fuorigrotta, assassinato in un agguato scattato in messo alla folla di via Leopardi il 15 marzo 2021. Oltre a Bucolo è indagato anche un altro carabiniere che, secondo gli investigatori, avrebbe aiutato Bucolo a verificare, per conto di Gennaro Volpe (elemento di spicco dell’omonimo gruppo) a verificare la targa e tenere sotto controllo gli spostamenti di una vettura.
Secondo quanto racconta il collaboratore di giustizia Gennaro Carra, il carabiniere infedele ebbe anche un ruolo nelle fasi successive al ferimento di cui fu vittima il sovrintendente della Polizia di Stato Nicola Barbato, colpito durante una sparatoria avvenuta nei pressi della stazione della Cumana di Fuorigrotta il 24 settembre del 2015. La circostanza emerge dall’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Napoli Leda Rossetti. “In occasione degli spari commessi dal Rende Raffaele (condannato per questi fatti) contro i poliziotti a Fuorigrotta di fronte alla Cumana di Fuorigrotta – racconta Carra – posso dire che sono stato io a fornire la pistola, una calibro 9 corto… il Rende dopo il fatto portò la pistola al Volpe (Antonio, vittima di un agguato tra la folla nel marzo 2021) e quest’ultimo chiamò il Bucolo Giuseppe per farla sparire. Andai dal Volpe per reclamare la mia arma ma questi mi raccontò di averla affidata al Bucolo. Io mi stupii che un carabiniere potesse arrivare a tanto, visto che quell’arma aveva sparato contro un poliziotto”.
Nel corso delle indagini sono stati documentati nove casi di usura, commessi ai danni di imprenditori (tra cui l’ex calciatore del Napoli, Giuseppe Bruscolotti, guidato da Diego Armando Maradona, al quale cedette la fascia di capitano), costretti a pagare tassi di interesse variabili tra il 25% e il 40%. L’ordinanza, emessa dal gip presso il Tribunale di Napoli, su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia, vede gli arrestati accusati – a vario titolo – di usura, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, nonché detenzione illegale di armi comuni da sparo, aggravati dalla finalità di favorire il clan Baratto-Volpe, operante nel quartiere partenopeo di Fuorigrotta e rientrante nella sfera di influenza e controllo della cosiddetta “Alleanza di Secondigliano”.
Arresti domiciliari sono stati disposti anche per Mario Baratto, 63 anni, Gennaro Scala, 55 anni, e per Vittoria Trapanese, 48 anni. L’arresto in carcere è stato notificato invece a Umberto Graziano 35 anni, Michele Scarca 32 anni, e ad Alessandro, Angelo e Gennaro Volpe, 39, 55 e 41 anni, legati da vincoli di parentela con Antonio Volpe, il 77enne assassinato a colpi d’arma da fuoco, tra la gente, nel quartiere Fuorigrotta di Napoli, nel marzo del 2021. Per Gaetano Staiano, 68 anni, e per Patrizio Straiano, 31 anni, è stato invece disposto l’obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria.