Un sequestro preventivo di beni per un valore complessivo di 750 mila euro, finalizzato alla confisca per equivalente, nei confronti dell’imprenditrice agrigentina Giusy Barba che opera nel settore dell’assistenza agli anziani e disabili, è stato eseguito dalla Dia. La quarantenne è indagata dalla Procura per i reati di appropriazione indebita e auto riciclaggio. I soldi delle estorsioni ai dipendenti, ai quali sarebbe stato imposto per anni il “cavallo di ritorno” sugli stipendi, sono stati riciclati e fatti sparire, finendo nelle casse degli amministratori della Suami, una onlus che si occupava di assistenza a disabili e anziani.
Le operazioni sarebbero state compiute insieme con l’ex marito Salvatore Lupo e con l’ex suocera Rosa Sferrazza, entrambi deceduti. La donna è morta per cause naturali mentre Lupo è stato ucciso il giorno di Ferragosto, freddato a colpi di pistola in un bar: per l’omicidio, che si incrocia con l’indagine che ha portato al sequestro, è stato arrestato Giuseppe Barba, padre di Giusy. “Le indagini sull’omicidio svolte dai carabinieri – ha spiegato il procuratore Salvatore Vella – hanno dato conferma all’ipotesi investigativa secondo cui i beni della Suami erano stati fatti sparire in modo illecito attraverso operazioni di riciclaggio. Ad ammetterlo, con una nota nella quale si spiegava che la vendita di un immobile era stata solo simulata, sono stati gli stessi legali di Giusy Barba che l’hanno messo per iscritto nell’ambito di un contenzioso civilistico fra gli ex coniugi che ha portato a contrasti economici così forti che sono sfociati nell’omicidio di Salvatore Lupo. L’indagine conferma e rafforza il movente del delitto”.
I sigilli sono stati apposti a 10 immobili e 2 conti correnti bancari. “Per appropriarsi dei beni – ha aggiunto Vella – Giusy Barba finge di cedere il lussuoso palazzo Cafisi, a Favara, alla stessa Suami. Viene simulato un preliminare di vendita con una caparra di 700 mila euro che verrà incassata dall’indagata perché la vendita non sarà mai perfezionata”.