CATANIA – Tradito dal Dna estratto da una bottiglia di birra che aveva portato con sè, un bracciante agricolo di 27 anni, romeno, ma residente a Niscemi, è stato fermato dai carabinieri del Nucleo investigativo di Catania e dai colleghi della Compagnia di Palagonia perché gravemente indiziato della rapina compiuta la notte tra il 4 ed il 5 settembre scorsi a Castel di Iudica, costata poi la vita a Salvatore Laudani, 83 anni, avvocato in pensione, stimato e conosciuto da tutti in paese. Il romeno, bloccato su un pullman in territorio di Vizzini, stava facendo rientro in patria.
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Un’aggressione fatale visto che l’anziano, a causa delle gravi ferite riportate alla testa, morì quattro giorni dopo il ricovero all’ospedale San Marco di Catania. Immediate le indagini dei carabinieri che hanno sentito i vicini di casa della vittima nel tentativo di risalire all’aggressore.
La zona di contrada Franchetto è stata passata al setaccio anche grazie alla visione dei sistemi di videosorveglianza, non molti per la verità. Ma l’attenzione degli investigatori si sarebbe concentrata sulle frequentazioni di romeni che il professionista chiamava a lavorare nella sua terra. E proprio un giovane romeno è destinatario del provvedimento di fermo, smascherato dai rilievi scientifici dei carabinieri che – come detto – hanno estratto il Dna da una bottiglia di birra trovata nella camera da letto che il presunto omicida aveva consumato dopo aver barbaramente aggredito Laudani e razziato effetto personali e denaro dall’abitazione della vittima per un valore complessivo di 12mila euro. Le indagini sono state coordinate dalla Procura di Caltagirone.