CATANIA – Tre giovani migranti a bordo della Geo Barents ormeggiata a Catania si sono tuffati in mare nel tentativo di raggiungere la terraferma. Hanno nuotato fino a un galleggiante e poi sono stati recuperati dalle autorità e portati sul molo vicino alla nave di Medici senza frontiere. I tre stanno bene, ma resta la tensione al porto etneo, dove sono ormeggiate le due navi ong approdate tra sabato e ieri nel capoluogo etneo: la Humanity 1 e la Geo Barents. Sulla prima ci sono a bordo 35 delle 179 persone soccorse, dopo che 144 sono state fatte scendere perché ritenute ‘fragili’ della commissione medica dell’Usmaf. Una decisione contestata dalla ong tedesca che ha annunciato presenterà ricorso al Tar del Lazio contro l’ordine impartito al comandante di lasciare il porto di Catania per il mancato rispetto delle norme internazionali sui soccorsi in mare e uno al Tribunale civile di Catania affinché il giudice ordini lo sbarco di tutti i 35 migranti rimasti a bordo.
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“A bordo della Geo Barents la situazione è molto tesa, le persone non capiscono perché gli altri sono sbarcati e loro no. Non possiamo dare loro risposte, allora l’ansia cresce, i conflitti crescono. Si buttano in acqua, una situazione che purtroppo vedremo molto spesso”, sostiene il capo missione Juan Matias Gil. “Per il momento non lasciamo il porto – continua -. I soccorsi finiscono quando le persone sopravvissute vengono sbarcate in un luogo sicuro e qui siamo in un luogo sicuro. Aspettiamo di sbarcare tutti”.
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La risposta dello Stato arriva attraverso il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi: “Stiamo seguendo la situazione al porto di Catania: ci stiamo comportando con umanità ma fermezza sui nostri principi. In tal senso impronteremo le prossime azioni. Stiamo lavorando sia sui tavoli europei che nazionali. Stiamo accogliendo anche altre navi che arrivano con eventi Sar, non stiamo facendo mancare a nessuno l’assistenza umanitaria come ci viene internazionalmente riconosciuto”.
Sulla Humanity 1 un gran numero di naufraghi ha cominciato a mangiare poco o saltare i pasti a causa della fase depressiva che stanno attraversando, secondo quanto riferiscono gli attivisti della ong. Sulla nave di Medici senza frontiere, invece, restano ancora 214 profughi (stanotte c’è stata un’evacuazione medica), dopo che ieri sera sono state fatte scendere 215 persone, tra bambini, donne incinte e nuclei familiari con minorenni, che sono stati trasferiti nel Palaspedini, un impianto sportivo nel rione Cibali di proprietà del Comune.
Secondo Angelo Bonelli, co-portavoce di Europa verde, “una sanzione di 50 mila euro, se non lasciano il porto di Catania, è stata notificata alle due navi delle ong”. La mail è arrivata a Humanity 1, che l’ha resa nota, ma da Medici senza frontiere che gestisce Geo Barents non c’è stata conferma alla notizia.
Al largo della costa catanese sono presenti, da giorni, altre due navi di ong: la tedesca Rise Above, con 89 persone a bordo, e la norvegese Ocean Viking, che ha soccorso 234 migranti. La prima naviga a poche miglia dalla riva e dovrebbe dirigersi verso il porto di Reggio Calabria, dove sbarcheranno tutti e 89, mentre la seconda è ancora in acque internazionali.
Per quanto riguarda la Ocean Viking, il portavoce di Sos Mediterraneeè Francesco Creazzo ribadisce la linea: “Abbiamo iniziato i soccorsi venti giorni fa e abbiamo a bordo tutte persone fragili che fuggono dalla Libia, devono essere messi tutti in salvo e devono scendere tutti. Quello che avviene qui è illegale, perché viola il diritto internazionale, e non è umano, perché parliamo di vite umane”, aggiunge indicando la Geo Barents di Medici senza frontiere attraccata al molo 10. E alla domanda cosa succederà se non otterranno l’autorizzazione a sbarcare, dice: “Resteremo in mare, ma qualunque decisione spetta al comando della nave”. Intanto, quattro persone “con serie complicazioni mediche” sono state evacuate nella notte dalla Rise Above. “Dopo tre giorni in mare senza un porto sicuro la situazione continua a deteriorarsi. Chiediamo di sbarcare ora”, twitta la ong. Sono 89 ora i migranti soccorsi a bordo della nave.
Nel frattempo i viaggi non si fermano: circa 500 migranti sono stati salvati al largo della Sicilia. Oltre 250 sono stati portati dalle motovedette ad Augusta, mentre altri 220 circa, soprattutto donne e minori, saranno trasferiti a Pozzallo. Questa mattina Alarm Phone aveva segnalato un’imbarcazione in difficoltà a largo di Malta, con 500 persone a bordo, partita dalla Libia 3 giorni fa.
La Commissione europea, attraverso una portavoce, ribadisce che c’è il “dovere morale e legale di salvare le persone in mare, in base alle leggi internazionali” e saluta con favore lo sbarco di ieri dei migranti in Italia. La portavoce ha sottolineato che “bisogna minimizzare il tempo che le persone passano in mare”. “Ogni caso è diverso – ha evidenziato – ma incoraggiamo tutte le autorità a collaborare in modo da agevolare lo sbarco”. Secondo una fonte europea, è “molto difficile” che sia possibile per i migranti presentare richieste di asilo direttamente sulle navi delle ong sulla base della loro registrazione nazionale, rivolgendosi dunque al Paese di cui battono bandiera. Le leggi in materia sarebbero “abbastanza chiare”.
Intanto l’arcivescovo di Catania, la Caritas diocesana e la Comunità di Sant’Egidio hanno confermato la volontà di collaborazione. Monsignor Luigi Renna auspica che “l’accoglienza sia totale, tenendo conto che coloro che sono rimasti a bordo, provengono da situazioni di grave disagio, oltre che da molti giorni di navigazione”. L’arcivescovo, con il vicedirettore della Caritas e Emiliano Abramo della Comunità di Sant’Egidio, ieri sera si è recato da chi stava sbarcando dalla Geo Barents, e ha “potuto constatare il grande lavoro dei medici e delle forze dell’ordine, volto a dare accoglienza in maniera dignitosa a tutti, e in modo particolare ai più fragili. L’ascolto della storia di alcuni migranti rivela lo stato di sofferenza dal quale provengono e la speranza di trovare finalmente un futuro diverso”. “Lo stesso clima di speranza – ha aggiunto – si è constatato nei trentacinque rimasti ancora sulla Humanity 1”.
L’arcivescovo auspica che “il criterio della selezione adottato finora sia rivisto dal legislatore, perché mentre mette in sicurezza alcune fasce di persone più bisognose di cure immediate, esclude chi presto potrebbe giungere all’esasperazione, perché nella fuga dal proprio Paese ha intravisto un barlume di speranza per il proprio futuro”.