TRIESTE – Il 6 luglio 1960 era andato in onda parlando dello sfruttamento dell’energia solare: suggeriva di applicare i primi pannelli alle automobili così da risolvere il problema dell’inquinamento atmosferico; due anni dopo si spinse in un remoto centro agricolo di 15 mila anime, di cui 4 mila analfabeti e 3 mila disoccupati a 60 chilometri da Palermo, Corleone, uno strano luogo dove si era verificato uno spaventoso numero di morti ammazzati dal dopoguerra. La Rai lo definisce giornalismo investigativo, l’autore era Gianni Bisiach, morto all’alba, a 95 anni, in una Rsa di Roma dove era ricoverato da tempo. Le sue inchieste hanno seguito il ritmo della storia del Paese e non solo con inchieste e speciali di storia per la Rai, in particolare per Tv7 e per il Tg1.
In particolare, attraverso una seguita rubrica, “Un minuto di storia”, dove raccontava ogni giorno un evento accaduto in quella data: che si trattasse dell’incoronazione della regina Elisabetta o della guerra del Golfo, delle nozze di Napoleone, la fucilazione di Ciano o dell’uccisione di Moro. A diffondere la notizia della morte è stato un vecchio amico, Giorgio Assumma, il quale ha annunciato una camera ardente per salutare Bisiach, prima che il corpo venga portato a Gorizia, dove era nato il 7 maggio 1927. Bisiach non fu solo un giornalista. Il profilo affettuoso di un altro goriziano, il sindaco Rodolfo Ziberna, è vasto: non solo un uomo “alla ricerca del mondo”, e “profondo conoscitore dei costumi e della politica nazionale e internazionale, ma scrittore, conduttore radiofonico e televisivo, regista, medico”; conseguì due lauree in medicina, una in Africa, lavorando con luminari fra cui Franco Basaglia.
Per l’altra grande passione, il cinema, Bisiach collaborò con Zavattini, Antonioni e Rossellini. Basti per dovere di cronaca ricordare che nel 1969 realizzò il film “I due Kennedy”, prodotto da Angelo Rizzoli e Alfredo Bini, insignito del Premio Spoleto Cinema 1970 a pari merito con Visconti (“La caduta degli dei”) e Fellini (“Fellini Satyricon”). Un film premiato nel 1978 dal vicepresidente della Repubblica dell’Iraq Saddam Hussein, che lo invitò a Baghdad per il Festival del Film antimperialista. Nel 1965 realizzò l’inchiesta “La pena di morte nel mondo” con la collaborazione di Robert Kennedy: salvò dalla camera a gas di San Quintino il condannato a morte Dovie Carl Mathis, fornendogli i mezzi per la difesa.
Numerose le attestazioni di affetto e di cordoglio. Il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, lo ricorda come “uno dei protagonisti della storia del giornalismo italiano del secondo Novecento”, e “sincero amico”. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani sottolinea il fatto che “i suoi programmi culturali sono entrati nelle case di tutti gli italiani”. Il sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi, parla di Bisiach come “un professionista lontano da ogni pregiudizio”, soprattutto se paragonato “a certo giornalismo fazioso” di oggi. “Con Gianni Bisiach scompare una personalità di spicco dell’informazione italiana e una delle firme che hanno contribuito alla storia della Rai”, affermano la presidente della Rai Marinella Soldi e l’amministratore delegato Carlo Fuortes. La tv pubblica gli dedica anche una programmazione speciale. Assumma ha riferito ai media che di recente gli aveva detto di voler “essere ricordato come un buon italiano”.