Scattano a partire da dicembre le sanzioni anche per gli over 50 che non hanno fatto il vaccino anti Covid. Le regioni con le maggiore percentuali di over 50 che non hanno adempiuto all’obbligo vaccinale, rispetto alla popolazione del proprio territorio, sono Friuli, Calabria e Abruzzo. La sanzioni scattano perché sono scaduti i termini fissati per giustificare il mancato adempimento all’obbligo vaccinale dovuto a motivi sanitari, come ad esempio l’aver contratto il Covid in quel periodo.
Una decisione inaccettabile per gli operatori sanitari, gli insegnanti e gli over 50 in genere, i cui avvocati si sono presentati davanti alla Corte costituzionale. “Sono stati privati della possibilità di lavorare e sopravvivere, traditi dallo Stato che ha imposto un ricatto: o ti vaccini o sei fuori dalla società. E così ha finito anche per calpestare anche la loro dignità, non mettendoli più in grado di assicurare il pane ai propri figli. Il tutto senza alcun beneficio per la collettività, visto che il vaccino anti Covid non solo non ha impedito la diffusione dei contagi, ma ha avuto anche effetti collaterali gravi e anche mortali, con 29 decessi, solo in Italia, accertati come correlati alla campagna vaccinale”, hanno detto i legali di coloro che hanno subito la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per aver scelto di non vaccinarsi.
Un’udienza pubblica fiume, cominciata nella prima mattinata e conclusa nel pomeriggio. Sono una quarantina in tutto e nel mirino ci sono le norme del decreto 44 del 2021 del governo Draghi che ha imposto l’obbligo vaccinale, prima solo agli operatori sanitari, poi via via ad altre categorie professionali e agli ultra 50enni con l’obiettivo di prevenire la diffusione del contagio. Cinque uffici giudiziari – i tribunali di Brescia, Catania e Padova, il Tar della Lombardia e il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana – con 11 ordinanze, hanno condiviso alcuni dei loro dubbi sulla legittimità dell’obbligo vaccinale e sulle relative sanzioni e hanno portato il caso davanti alla Consulta, riunita alla fine dell’udienza in camera di consiglio per decidere.
Difficile però che la pronuncia arrivi in giornata. La presidenza del Consiglio dei ministri si è costituita in giudizio e ha chiesto di dichiarare infondate o inammissibili molte delle questioni sollevate. “Non avrei mai voluto sentire in quest’aula parole come coercizioni e ricatti dirette a un legislatore: mi rammarico profondamente e le respingo”, ha detto nel corso dell’udienza l’avvocato dello Stato Enrico De Giovanni, che rappresenta le ragioni di Palazzo Chigi