L’associazione nazionale dei medici delle direzioni ospedaliere (Anmdo) fa fronte comune per affrontare con decisione e soluzioni pronte l’annoso problema della carenza di unità sangue (emazie, piastrine e plasma) che, dati alla mano, non è più limitato ad alcune regioni, tra cui la Sicilia, ma interessa tutto il Paese. Quasi sempre si attribuisce la causa alla mancanza di donatori ma stavolta l’Anmdo, nel corso del seminario interregionale svolto a Catania, propone un consumo più razionale della risorsa sangue soprattutto in quei casi, e non sembrano essere pochi, in cui l’alternativa alla trasfusione è possibile se non addirittura prevenibile.
Il progetto nazionale, sostenuto da decreti legge, si chiama Patient Blood Management (Pbm) e si basa sull’attenzione che è necessario dare al momento del ricovero a semplici parametri di laboratorio come la conta dei globuli rossi e la percentuale di ferro del sangue considerata nelle sue varie forme, circolante e di deposito. “Un quarto dei pazienti entra in sala operatoria già anemico – ha avvertito il direttore del Centro nazionale sangue, Vincenzo De Angelis – senza contare l’altissimo numero di richieste non appropriate che i reparti inviano ai centri trasfusionali per richiedere emocomponenti”.
“Il ruolo delle direzioni sanitarie è determinante – ha spiegato Rosario Cunsolo (nella foto con la professoressa Ida Mura dell’Università di Sassari), organizzatore dell’evento interregionale Amdo e direttore sanitario del presidio ospedaliero di Acireale/Giarre – l’implementazione del Pbm passa per un percorso organizzativo ben articolato all’interno degli ospedali che parte dalla visita cosiddetta di pre-ricovero del paziente che viene controllato per tutti gli aspetti laboratoristici e clinici che possono determinare una condizione di anemia e attuando, eventualmente, un piano terapeutico che comprenda la somministrazione di ferro per via orale e, se non sufficiente, per infusione endovena”.
“Il direttore sanitario – ha aggiunto Sebastiano De Maria, presidente regionale dell’Amdo e direttore sanitario del Garibaldi-Centro a cui ha fatto eco il direttore sanitario aziendale del Policlinico etneo, Antonio Lazzara – entra a far parte del team ospedaliero del Pbm che comprende, tra gli altri, trasfusionisti, ematologi, rianimatori, chirurghi, cardiologi e pneumologi”. E proprio alcune di queste discipline sono state delineate nel loro apporto al Pbm da Antonino Giarratano, presidente della società scientifica italiana dei rianimatori, Rosario Vecchio, professore ordinario di chirurgia dell’Università di Catania, Giacomo Scalzo, direttore del Centro Regionale Sangue, che ha aggiunto la necessità che il Pbm rappresenti un obiettivo delle direzione strategiche delle aziende sanitarie siciliane.
Sono intervenuti il presidente nazionale Anmdo, Gianfranco Finzi, e, a testimoniare l’interregionalità del meeting, Matteo Bolcato (Padova), Annita Carminati (Ravenna) e Cristina Fideli (Ferrara). L’incontro, patrocinato dall’Asp e dall’Ordine dei medici di Catania con il saluto portato in apertura dei lavori, rispettivamente, dal direttore sanitario aziendale, Nino Rapisarda, e dal consigliere segretario Alfio Saggio in rappresentanza del presidente, Igo La Mantia, si è concluso con una tavola rotonda (nella foto tutti gli intervenuti) a cui hanno partecipato i direttori dei trasfusionali di Sicilia (Bennardello, Fedele, Costanzo e Sciacca) e Sardegna (Manca e Murgia) “soddisfatti che si sia parlato di buon uso del sangue, per una volta, non per iniziativa dei centri trasfusionali”. Il confronto, moderato da Luigi Aprea, Ida Mura e Giovanni Sotgiu, ha visto gli interventi anche del medico legale Massimiliano Esposito, del primario rianimatore Giuseppe Rapisarda e di Giacomo Scalzo.