Amam, l’Azienda Meridionale Acque Messina che gestisce il Servizio Idrico Integrato per il Comune di Messina, dovrà risarcire i cittadini di Messina per un importo complessivo pari a 341 mila e 400 euro. E’ quanto ha sentenziato il Tribunale di Palermo che ha condannato Amam a risarcire con 600 euro gli utenti danneggiati dalla mancanza di fornitura di acqua fra il 24 e il 31 ottobre 2015.
Come chiarito nel corso della conferenza stampa di oggi dall’avvocato Mario Intilisano dell’Unione Nazionale Consumatori, promotore dell’azione, si tratta della sesta class action che è stata vinta in tutta Italia dai consumatori da quando è entrata in vigore la prima normativa al riguardo, ossia dal 2009. La prima in Sicilia. Una battaglia legale durata ben 7 anni.
Tutto comincia a ottobre 2015, quando una frana danneggia la conduttura dell’acquedotto Fiumefreddo, costringendo i tecnici Amam a sospendere l’erogazione. Seguono 3 giorni senza acqua in quasi tutta la città, in attesa di potere riparare la condotta. Solo quando si comprende che la riparazione è impossibile in tempi rapidi e la città è assetata si inizia a cercare una soluzione, dichiarando lo stato di emergenza. Viene quindi attivato dopo una settimana un bypass fra l’acquedotto Alcantara e il Fiumefreddo, interviene la Protezione civile con tutti i mezzi a disposizione per fornire l’acqua tramite le autobotti e giunge in città anche una nave cisterna.
L’avvocato Intilisano ricorda “proprio in quei giorni l’Unione Nazionale Consumatori lancia la class action, fondata sulla circostanza che l’Amam, nella Carta dei Servizi, aveva garantito il sistema di interscambio delle fonti, cosa che invece aveva inspiegabilmente dismesso per asseriti problemi economici, senza neppure prevederlo in fase di eventuale emergenza”. Nell’immediatezza (ad emergenza in corso), vengono raccolte oltre 500 adesioni e la class action viene presentata al Tribunale di Palermo.
Il Tribunale di Palermo, in prima battuta, travisando il contenuto di un documento prodotto dall’Amam, dichiara inammissibile l’azione per manifesta infondatezza. L’immediato reclamo alla Corte di Appello di Palermo viene giustamente accolto, dichiarando così ammissibile e fondata la class action, ordinando l’effettuazione della pubblicità e indicando al Tribunale la strada da seguire per l’istruttoria. Si giunge quindi a dicembre 2020 (in piena emergenza Covid) per la raccolta di altre adesioni, ma le nuove adesioni non superano le aspettative (solo 15 utenti). Disposta la necessaria istruzione del giudizio a giugno 2022, il Tribunale assume la causa in decisione.
Con la sentenza pubblicata il 22 novembre 2022, il Tribunale riconosce la violazione della Carta dei Servizi da parte dell’Amam (per non avere garantito il sistema di interscambio delle fonti), riafferma il principio di rango sovranazionale del diritto all’acqua come bene primario e necessario. Afferma l’esistenza di danni patrimoniali (maggior costo dell’acqua sostenuto) e anche non patrimoniali per le sofferenze subite dagli utenti, liquidando così il danno e utilizzando per la quantificazione i medesimi parametri della Carta dei Servizi (da 25 a 125 euro).
Viene, quindi, così liquidata la somma di 50 euro al giorno per i primi due giorni e di 100 euro al giorno per i successivi, per un totale di 600 euro. Da ieri sia i centralini del Comitato che le mail sono intasate da richieste di utenti non aderenti che intendono chiedere il risarcimento. Da lunedì 28 novembre 2022 saranno indicate le modalità per le nuove richieste di indennizzo per coloro che non hanno aderito. Chi ha aderito riceverà una mail con cui verranno richiesti i dati per il pagamento delle somme dovute (600 euro a utenza) da parte dell’Amam.