Le auto americane viaggiano con la benzina ricavata dal petrolio russo raffinato nello stabilimento della Lukoil a Priolo, in provincia di Siracusa. E’ la paradossale triangolazione attraverso cui il greggio di Mosca, secondo un’indagine del Wall Street Journal, “elude” le sanzioni Usa per la guerra in Ucraina, sfruttando le pilatesche scappatoie offerte dalle stesse sanzioni. Le misure punitive introdotte da Washington a fine febbraio prevedono infatti un’esclusione per il petrolio “sostanzialmente trasformato in prodotto fatto all’estero”. Una volta lavorato nella raffineria di Priolo, la seconda più grande d’Italia e la quinta in Europa, l’oro nero russo diventa “prodotto italiano” e sbarca (legalmente) negli impianti della Exxon in Texas o in New Jersey in quelli della Lukoil, che negli Usa non è sanzionata e ha 230 stazioni di servizio in 11 Stati (in gran parte però di proprietà di franchising individuali americane).
L’export in Usa è stato finora di quasi 5 milioni di barili di prodotti petroliferi, di cui la metà di benzina, abbastanza per fare il pieno a 7 milioni di automobili. E a volte il greggio di Mosca lavorato è tornato addirittura in Europa dagli Stati Uniti. L’indagine del Wsj è sintetizzata in un video – finito su tutti i giornali del mondo – che ripercorre il tragitto delle petroliere russe, con tanto di immagini satellitari. Ora ci si chiede cosa succederà quando dal 5 dicembre entrerà in vigore l’embargo Ue sul petrolio russo, mettendo a rischio l’economia locale siciliana e l’occupazione di diverse migliaia di dipendenti, considerando l’indotto.
“La Isab di Priolo non ha eluso il sistema sanzionatorio che entra in vigore dal 5 dicembre”, ha affermato il ministro delle Imprese Adolfo Urso riferendosi alla misura europea e assicurando che il governo è al lavoro “per garantire la continuità delle attività produttive, così importanti sul piano nazionale e per l’economia siciliana, in sintonia con il ministero dell’Economia e la Regione Sicilia”. La raffineria di Priolo è gestita dall’elvetica Isab, a sua volta controllata dalla Lukoil. Prima delle sanzioni trattava il greggio proveniente da vari Paesi e il petrolio russo pesava in media il 30%. Ora il 93% arriva da Mosca, perché le banche europee hanno smesso di finanziare l’Isab.
Anche la Confindustria locale ha commentato con una certa sorpresa la notizia del Wsj. “Non ci sono le condizioni per dire che ci sia un’elusione perché non c’è alcun divieto di esportare prodotti che derivano dal petrolio russo. L’embargo scatterà comunque il 5 dicembre per la Comunità europea”, ha osservato Diego Bivona, presidente di Confindustria Siracusa. Stessa posizione da parte del segretario generale della Fiom-Cgil di Siracusa, Antonio Recano, che ha espresso però preoccupazione per la mancanza di segnali finora dal mondo bancario, ad un mese dall’entrata in vigore dell’embargo europeo.
Lo ‘scoop’ del quotidiano arriva mentre il nuovo governo italiano sta lavorando per risolvere il problema della sopravvivenza di Isab. Proprio nei giorni scorsi i ministri dell’Economia Giorgetti e delle Imprese Urso avevano definito un importante passo avanti la decisione tecnica del comitato di sicurezza finanziaria del Mef, secondo cui Isab non è sottoposta a nessuna misura restrittiva da parte della Ue. Cosa che spiana la strada a possibili soluzioni. Lo stesso Urso la scorsa settimana aveva annunciato che il governo sta “seguendo alcune ipotesi di investimento o di acquisizione di questa impresa per consentirle di andare oltre la fatidica data in cui scatteranno le sanzioni” Ue. In settembre il Financial Times aveva rivelato che un fondo di investimento americano è interessato all’acquisto di Isab: Crossbridge Energy Partner, società facente capo a Postlane Capital Partner.