Le demenze comprendono un insieme di patologie, tra cui la malattia di Alzheimer, che hanno un impatto notevole in termini socio-sanitari sia perché un sempre maggior numero di famiglie ne sono drammaticamente coinvolte, sia perché richiedono una qualificata rete integrata di servizi sanitari e socio-assistenziali. Le demenze, inoltre, rappresentano una delle maggiori cause di disabilità nella popolazione generale. Il progressivo invecchiamento della popolazione generale, sia nei Paesi occidentali sia in quelli in via di sviluppo, fa ritenere queste patologie un problema sempre più rilevante in termini di sanità pubblica.
Gli studi sulla frequenza delle demenze sono stati condotti in Italia su un numero di soggetti non molto numeroso e con una scarsa attenzione verso la stima delle diverse forme cliniche e dei diversi stadi della demenza (lieve, moderata, severa). Tutto ciò rende le stime epidemiologiche incerte ma nonostante queste limitazioni la stima dei casi prevalenti di Alzheimer in Italia è in linea con i dati della letteratura internazionale. In particolare, in Europa si stima che la demenza di Alzheimer rappresenti il 54% di tutte le demenze con una prevalenza nella popolazione ultrasessantacinquenne del 4,4%. La prevalenza di questa patologia aumenta con l’età e risulta maggiore nelle donne.
Un riconoscimento precoce della patologia e poi l’identificazione dell’esatto meccanismo cellulare che deteriora il cervello fino a provocare la demenza è obiettivo comune dei ricercatori di tutto il mondo. In questo panorama trova posto Andrea Magrì, ricercatore di Biologia molecolare nel dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali dell’Università di Catania, che ha ottenuto un finanziamento di oltre 40 mila euro su un bando competitivo AGYR 2022 (Airalzh Grant for Young Reasearchers), che sostiene progetti di ricerca sulla malattia di Alzheimer proposti da promettenti scienziati under 40.
Il titolo del progetto è “Using NHK1 interfering peptide to recover mitochondrial dysfunction in Alzheimer’s disease” e si propone di valutare sui topi gli effetti di una proteina chiamata NHK1 nel contrastare la disfunzione mitocondriale associata alla malattia. NHK1 è una molecola brevettata (in Europa e negli Usa) dai biologi molecolari dell’Università di Catania per la sua azione anti-degenerativa. Lo studio fornirà informazioni utili all’individuazione di nuovi approcci tecnologici e possibili target farmacologici.