LAMPEDUSA (AGRIGENTO) – Uno ha sei mesi, l’altro 6 anni. Erano fratelli ed entrambi sono finiti molto probabilmente in fondo al mare nell’ennesima tragedia che si è consumata nel Mediterraneo centrale. I due bimbi sono entrambi dispersi, assieme ad altri due migranti, dopo che ieri il barcone che su cui viaggiavano si è ribaltato: erano partiti con i genitori, che si sono invece salvati, da Sfax, in Tunisia, assieme ad altre 32 persone che sono state soccorse da una motovedetta della Guardia Costiera.
E quello dei bimbi non è l’unico dramma che si è consumato al largo di Lampedusa: nel pomeriggio è naufragato un altro barcone, con i soccorritori che hanno salvato 31 persone e recuperato un cadavere, mentre tra 4 e 6 migranti mancherebbero all’appello. Due naufragi in 24 ore, dunque – sui quali la procura di Agrigento a aperto due inchieste – con altri morti e dispersi dopo che appena due giorni fa un altro barcone era naufragato: in quell’occasione 40 migranti erano stati tratti in salvo mentre tre sono ancora dispersi.
A queste tragedie si aggiunge la morte di una neonata di 6 mesi nell’hotspot di contrada Imbriacola, dove era arrivata ieri pomeriggio con la madre dopo lo sbarco a molo Favarolo. La piccola non sembrava stare male e dopo l’approdo è stata portata nella struttura di primissima accoglienza. Quindi il decesso. Forse un problema congenito o un malore improvviso.
Tornando agli sbarchi, in giornata se ne sono verificati anche 15 autonomi a Lampedusa, che hanno portato nell’isola 458 migranti, tra i quali una cinquantina di minorenni. E mentre i sopravvissuti dei due nafragi facevano la conta dei compagni di viaggio che mancano all’appello, altri migranti sono arrivati sulle coste siciliane: 38, messi in salvo a sud di Portopalo di Capo Passero, sono stati portati in nottata a Pozzallo, nel Ragusano.
Che il Mediterraneo centrale sia pieno di disperati che tentano la traversata lo conferma anche l’ennesimo allarme di Alarm Phone, che chiede un intervento immediato delle autorità: un peschereccio salpato dalla Libia sarebbe in difficoltà a sud est della Sicilia con 450 a bordo e l’acqua e il cibo sarebbero finiti. E lo confermano gli interventi delle navi delle Ong, tornate in mare dopo il braccio di ferro con il governo. La Geo Barents di Medici senza frontiere ha recuperato da un gommone 90 persone (tra questi 35 minori, uno dei quali, non accompagnato, ha solo 10 anni), che si uniscono ai 74 salvati in precedenza.
E il conto aumenta con i 103 che si trovano sulla Humanity 1, dopo che una parte di essi è stata trasbordata dalla Louise Michel, meno attrezzata rispetto alla imbarcazione della Sos Huanity. Anche qui bambini piccoli, una donna incinta e migranti in ipotermia, curati a bordo da un’ostetrica. “I centri di coordinamento dei soccorsi competenti, compresi quelli di Malta e dell’Italia – spiega Sos Humanity – sono stati informati dell’imbarcazione in difficoltà, dell’avvio delle operazioni di soccorso e delle ragioni della necessità di prendersi cura dei sopravvissuti, e sono stati invitati al coordinamento attraverso il telefono e la posta elettronica. Tuttavia, non hanno adempiuto al loro dovere di coordinamento”.
L’operazione, che le due navi hanno condotto in acque internazionali al largo della Libia, spiegano le ong, è stata funestata dall'”assalto verbale” dell’equipaggio di una motovedetta libica, armato di mitragliatrice. “Quanto accade lungo la rotta che dalla Tunisia porta all’Italia – spiega il professor Fulvio Vassallo, docente di diritto dell’Immigrazione – dimostra che le partenze vanno avanti, pur in assenza di navi delle ong nell’area. Un fatto che smentisce il teorema secondo il quale sarebbe la presenza di mezzi di salvataggio a favorire le partenze”.
E dal presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, parte un appello al governo per “allargare il decreto flussi ai Paesi con cui l’Italia ha accordi ma anche a tutti quei Paesi che guardano all’Italia, ad esempio dall’America Latina, dal Perù, dal Venezuela. Un decreto flussi che tenga conto non solo della domanda delle imprese, ma anche di quella delle famiglie, degli anziani, delle mamme lavoratrici con bambini, delle persone con disabilità. Si tenga conto di questa grandissima domanda di assistenza alle persone”. Secondo Eurostat, in Italia c’è un fabbisogno di 200 mila lavoratori l’anno, “non di 69.700 come previsto dall’ultimo decreto flussi” aggiunge Impagliazzo.e uomini.