Elon Musk bocciato dalla sua piattaforma. L’ultimo referendum lampo on line, uno dei tanti che ha lanciato in queste settimane, si è rivelato un boomerang: degli oltre 17,5 milioni di utenti, il 57,5% ha votato perché si dimetta da amministratore delegato di Twitter, contro il 42,5% che invece voleva restasse ancora al timone. Il patron del social, che domenica era in Qatar a vedere la finale dei Mondiali di calcio, aveva promesso di rispettare i risultati del sondaggio ma senza fornire dettagli sui tempi delle dimissioni e neppure sul nome del suo potenziale successore. “Nessuno vuole il lavoro che può davvero tenere Twitter vivo”, ha risposto a un utente.
Secondo alcune speculazioni riportate dal Financial Times, tra i candidati ideali ci sarebbe Sheryl Sandberg, l’ex direttrice operativa di Meta che ha trasformato l’azienda in un gigante della pubblicità digitale. La manager però potrebbe non desiderare di assumere la guida di un’altra compagnia piena di problemi di moderazione dei contenuti. Un altro nome è quello di Sarah Friar, ceo di Nextdoor, già direttrice finanziaria della società di pagamenti Block, creata dal cofondatore di Twitter Jack Dorsey. Se il social che cinguetta volesse aggiungere i pagamenti ai suoi servizi, Friar sarebbe una candidata perfetta. Escluso invece un ritorno di Dorsey, che si è dimesso già due volte come chief e che non è riuscito a trovare profitti sostenuti.
Difficile infine pensare che Musk voglia o riesca a vendere il suo ultimo giocattolo, comprato a un prezzo (44 miliardi di dollari) superiore al suo valore e sprofondato nel caos dopo meno di due mesi. Un periodo durante il quale l’imprenditore ha fatto di tutto, silurando manager, varando licenziamenti di massa, imponendo ritmi di lavoro infernali (con tanto di stanze per dormire in azienda), rivedendo più volte il prezzo dell’abbonamento a Twitter blue, bandendo gli account che promuovono i social rivali, ergendosi a censore per ripristinare account controversi (compreso quello di Donald Trump) e sospendere quelli di vari giornalisti. Mossa quest’ultima che ha suscitato la reazione indignata dell’Onu e della Commissione europea, che ha minacciato sanzioni. Senza contare i suoi interventi a gamba tesa nella politica interna e internazionale, nonché il crescente narcisismo che sfoga nei suoi tweet impulsivi.
Un caos che forse gli è stato fatale nell’ultimo referendum sul suo futuro, anche se aveva promesso di sottoporre tutti i futuri cambiamenti a un ennesimo sondaggio del popolo di Twitter. Qualcuno ha già annunciato la sua defezione, pure tra i suoi sostenitori. Come Paul Graham, il fondatore del fondo per startup Y-Combinator, che ha detto di volersi prendere una pausa da Twitter chiedendo ai suoi follower di seguirlo su Maston, la piattaforma rivale. Con un’altra delle sue mosse erratiche, Musk ha sospeso il suo account per poi ripristinarlo.
Nel frattempo aumentano le preoccupazioni tra gli investitori delle sue altre aziende, tra le più innovative del pianeta, da Tesla a SpaceX. Gli azionisti della più grande casa al mondo di auto elettriche temono che Musk si faccia distrarre dalla piattaforma e quindi sperano che possa prestare più attenzione alle 4 ruote se deciderà di dimettersi dal social. Tesla ha già perso quasi il 60% del suo valore quest’anno. Qualche investitore invece ha già deciso di vendere. Come Matthew Tuttle di Tuttle Capital Management: “C’è troppa incertezza. Si suppone che un Ceo prenda decisioni che siano nel miglior interesse della compagnia e dei suoi azionisti, e non basate su ciò che pensano persone a caso su Twitter”.