CATANIA – La guardia di finanza di Catania ha eseguito, su delega della Procura etnea, una confisca dei beni riconducibili a tre persone, Gaetano Liottasio, Vincenzo Mangano e Giuseppe Susinni, condannate nel 2020 a vario titolo, per associazione per delinquere finalizzata alla commissione di più delitti, tra cui l’esercizio abusivo di attività di gioco e scommesse, la truffa ai danni dello Stato, il riciclaggio e l’intestazione fittizia di beni (Liottasio e Mangano); esercizio abusivo di attività di gioco e scommesse, aggravato dall’aver agevolato il clan Santapaola-Ercolano, favorendone l’infiltrazione occulta di Cosa nostra catanese nel peculiare settore economico (Susinni).[fvplayer id=”389″]
“Il provvedimento di confisca – affermano gli investigatori – è il primo concreto esito della sinergia sviluppata in attuazione del memorandum operativo del 6 aprile 2022 stipulato tra la Procura etnea, il Comando regionale Sicilia della guardia di finanza e lo Scico che ha l’obiettivo di introdurre forme di collaborazione per la più completa applicazione dei provvedimenti di confisca in fase di esecuzione delle sentenze passate in giudicato con l’effettuazione di ogni utile approfondimento finalizzato all’accertamento economico-finanziario della posizione dei condannati”.
Sul patrimonio di Susinni gli accertamenti sono ancora in corso. E’ stata invece disposta la confisca di beni che costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo del reato, anche nella forma ‘per equivalente’, di cui il Liottasio e Mangano hanno disponibilità, anche indirettamente o per interposta persona, fino a concorrenza della somma di circa 592.000 euro per il primo e 606.000 mila per il secondo. Sono stati anche confiscati sette immobili situati nelle province di Catania, Palermo, Siracusa e Messina; tre società con sede a Catania e Siracusa nei settori della rivendita bar, del commercio al dettaglio di confezioni per bambini e della raccolta di scommesse; sette tra autovetture e motoveicoli e i saldi attivi, in corso di verifica, di nove tra conti correnti bancari e postali, comprese due cassette di sicurezza riconducibili ai condannati.