PALERMO – Si è avvalso della facoltà di non rispondere Andrea Bonafede, il geometra di Campobello di Mazara che ha prestato l’identità al boss Matteo Messina denaro e che è stato arrestato lunedì con l’accusa di associazione mafiosa. Bonafede dunque ha scelto di restare in silenzio durante l’interrogatorio di garanzia davanti al gip e al pm Piero Padova nell’aula bunker del carcere Pagliarelli. Secondo i pm, sarebbe un uomo d’onore riservato, un personaggio al quale il capomafia, arrestato il 16 gennaio dopo 30 anni di latitanza, si sarebbe rivolto per l’acquisito del covo in cui ha abitato e della Giulietta con cui si spostava e per avere i documenti di identità falsi. “L’ho trovato bene. Aspettiamo la conclusione delle indagini”, ha detto Aurelio Passante, il legale di Bonafede.
Dopo l’arresto di Messina Denaro, Bonafede era stato sentito dai carabinieri ai quali aveva raccontato la sua versione dei fatti dicendo di aver conosciuto il boss da ragazzo e di averlo visto di nuovo solo un anno fa. Nel corso di due incontri il capomafia si sarebbe rivolto a lui chiedendogli di aiutarlo a trovare dei documenti di identità da esibire per le terapie mediche di cui aveva bisogno e poi di acquistare a suo nome la casa di vicolo San Vito in cui il capomafia ha trascorso l’ultimo periodo della latitanza. Secondo i pm, mezze ammissioni su argomenti ormai provati e impossibili da smentire e tante bugie sui suoi rapporti col boss.