CAMPOBELLO DI MAZARA (TRAPANI) – Il perdono cristiano è, a volte, difficile da praticare senza farsi domande. Senza operare dei distinguo. Ed è ciò che emerge delle parole pronunciate oggi dal vescovo emerito della Diocesi di Mazara del Vallo, monsignor Domenico Mogavero, 75 anni, riferendosi a Matteo Messina Denaro: “Non è una persona per cui possiamo avere troppa pietà. È uno che ha ammazzato tanto, ha sparso tanto sangue, ha ucciso tanti innocenti, il piccolo Giuseppe Di Matteo, non credo possa pentirsi, che abbia voglia di parlare”, ha tuonato il prelato, stamattina all’uscita della parrocchia Madonna di Fatima di Campobello di Mazara, a pochi passi dal vicolo San Vito, dove c’era, il covo del boss, arrestato lunedì scorso.
Mogavero da alcune settimane sta aiutando il parroco don Nicola Patti, nelle celebrazioni religiose. “Se non ci fossero state tante coperture, per affetto, per amicizia o per paura, il boss sarebbe stato arrestato prima. In questi nostri ambienti non si può dire di no non per paura ma per intimità, per una vita trascorsa insieme. Oggi ha vinto lo Stato, ora spero che trionfi la nostra gente, che esca dalla situazione di paura e finalmente possano tutti esultare”, ha esortato il vescovo. “Usciamo sulle piazze ed esprimiamo la nostra soddisfazione, ma anche il nostro no alla mafia e a tutti i malavitosi”, ha aggiunto, lanciando un appello: “Chi sa, parli, perché potrebbe svelare fatti che possono giovare a tante indagini. Non ci vuole tanto coraggio, ci vuole essere coerenti col proprio ministero”, ha ammonito Mogavero, visibilmente emozionato.
Lui, da Vescovo di Mazara del Vallo nel 2013 negò i funerali al capo mafia della zona, Mariano Agate. Quel no gli costò una polemica con la vedova di Agate che lo accusò di non aver esercitato il ruolo di Pastore di anime, “e di non seguire anche solo in parte i mirabili comportamenti manifestati da giusti rappresentati della Chiesa, qual deve essere considerato, tra i diversi, padre Pino Puglisi, che ha veramente dedicato la propria vita alla fede”. La famiglia Agate arrivò a chiedere al vescovo di essere “sbattezzata” in quanto non si rivedeva più all’interno della Chiesa cattolica. Ma questa di stamattina non è la prima volta che il vescovo parla di Matteo Messina Denaro. Il nome del boss ancora latitante lo pronunciò più volte, negli anni passati, sino a invitarlo a costituirsi.
I temi della mafia e dell’antimafia sono stati spesso affrontati dal prelato che per 15 anni ha guidato la Diocesi di Mazara del Vallo. Lo ha fatto in alcune omelie, come quelle per l’anniversario della morte di Rita Atria a Partanna, ma anche sul giornale diocesano ‘Condividere’, del quale sino a ottobre scorso è stato direttore editoriale. “Abbiamo affrontato questi temi a testa alta senza mai nasconderci e senza paura”, ha osservato Mogavero che ha dato impulso nel continuare gli impegni concreti sul terreno dell’antimafia. Operando dal centro “Giusti di Sicilia” oggi a Marsala alla gestione dei beni confiscati alla mafia affidati da anni alla Caritas diocesana-Fondazione San Vito Onlus: un uliveto a Marinella di Selinunte, un fondo agricolo con magazzino a Salemi trasformato in turismo rurale e poi una casa a Marsala che ospita il Centro per l’aiuto alla vita. “Testimonianze di un impegno quotidiano oltre le parole – ha sottolineato Mogavero – perché i gesti concreti valgono più di ogni altra cosa”.