PALERMO – In clinica, in ospedale, negli studi medici si presentava con il nome di Andrea Bonafede, ma a Campobello di Mazara, il paese in cui ha trascorso l’ultimo periodo della latitanza, il boss Matteo Messina Denaro utilizzava un nome diverso. Un’accortezza, confermata dagli investigatori, che l’avrebbe aiutato a condurre una vita praticamente normale.
Presentarsi in un centro di piccole dimensioni con l’identità di uno degli abitanti di Campobello, il geometra Andrea Bonafede, che gli ha prestato identità e documenti per potersi sottoporre alle cure mediche, non era prudente. E avrebbe potuto esporlo a rischi. Gli investigatori stanno cercando di ricostruire l’ultimo periodo della latitanza – Messina Denaro sarebbe stato a Campobello almeno fin dal 2020 – comprese le generalità con le quali il boss si presentava alle persone e nei luoghi che frequentava in paese.
Intanto continuano a saltare fuori particolari sul covo di vicolo San Vito: i carabinieri hanno trovato foto di animali feroci, magneti da frigorifero con l’immagine di un boss in smoking che ricorda Al Pacino ne “Il padrino” e sotto scritto “il padrino sono io”, la foto attaccata alla parete di Al Pacino, sempre nel film di Francis Ford Coppola. Oltre ai pizzini, documenti e carte, dunque, anche una serie di oggetti che si richiamano alla celebre pellicola.