PARIGI – Il quotidiano francese Le Monde dedica nel suo numero in edicola oggi pomeriggio 2 pagine a Matteo Messina Denaro, con il titolo “L’ultimo personaggio di Cosa nostra”. Nel lungo articolo diverse testimonianze di procuratori e magistrati che hanno partecipato negli ultimi anni alle inchieste sulla mafia. L’ex magistrato Giuseppe Ayala rievoca il passaggio in clandestinità di Messina Denaro dopo gli attentati del 1993: “Dopo gli attacchi contro i giudici – racconta -, quelli commessi fuori dalla Sicilia, di cui fu uno dei protagonisti, Matteo Messina Denaro è tornato alla strategia storica di Cosa nostra, che consiste nel prosperare lontano dai riflettori. Dopo gli attentati del 1993 la mafia non ha più ucciso, è tornata nella discrezione, come Messina Denaro, diventato latitante”.
Le Monde ricostruisce poi gli anni della caccia al Messina Denaro in fuga, e intervista la procuratrice Teresa Principato, che parlò di un “gioco truccato”: “Ogni volta che eravamo vicini a lui – dice a Le Monde – succedeva sempre qualcosa. Tante cose strane sono successe attorno alla nostra inchiesta. Cominciai a indagare su una talpa in tribunale. Ma non l’ho mai trovata”.
“A diverse riprese – afferma poi un altro procuratore, Roberto Piscitello – siamo stati ad un soffio dalla cattura. Mi ricordo di un episodio, avevamo individuato e pedinato al sua amante. Avevamo localizzato il loro nascondiglio, a Bagheria, vicino a Palermo. All’interno, foulard di Hermès, accessori di Cartier…Avevamo messo una minitelecamera sul portone d’ingresso. Ormai aspettavamo soltanto lui, ma uno dei suoi complici bruciò la telecamera…Messina Denaro è scomparve dai nostri radar per mesi”.
“In 10 anni – continua Piscitello – ho fatto arrestare oltre 250 persone che gravitavano attorno a lui, tra cui suo fratello, sua sorella, il cognato, i cugini, persino una delle sue amanti. Alcuni li feci arrestare a più riprese. Nessuno ha mai detto una parola”. Un aspetto, quest’ultimo, che non sorprende Piscitello: “L’Italia si scandalizza perché nella sua città nessuno ha detto niente, ma è normale, è la base della sua sicurezza. In un posto come quello, tutto si sa, in meno di un minuto qualsiasi intruso è scoperto e identificato”.
Per la procuratrice generale di Palermo Lia Sava “a Campobello di Mazara, lui poteva sicuramente passeggiare in città, anche andare al bar all’angolo a prendere un caffè. O la gente non lo riconosceva, oppure fingeva di non vedere. In ogni caso, godeva di una fortissima rete di protezione”. Le fonti di Le Monde parlano poi dei complici pronti a tutto per Messina Denaro, di una loro forma di “venerazione” per il capo: farsi mesi di carcere senza dire una parola “è una forma di sacrificio supremo – dice Piscitello -, Messina Denaro ha costruito la sua fortuna su questa fedeltà assoluta. Contrariamente a Riina, suo ex mentore, lui era sicuro di non essere tradito”.
Una “fonte giudiziaria” rivela a Le Monde: “Nelle intercettazioni abbiamo ascoltato persone che dicevano di sognare di vederlo almeno una volta nella loro vita, anche semplicemente di toccarlo, come fosse una divinità. Altre affermavano che ‘da lui viene il bene'”. Secondo un’altra fonte giudiziaria del quotidiano francese, un “magistrato palermitano”, “nei 30 anni di latitanza di Messina Denaro ‘ci sono elementi che attestano la sua presenza in numerosi paesi stranieri'”.
Sotto “falsa identità”, Messina Denaro è “riuscito a viaggiare in Olanda, in Venezuela. Avrebbe fatto anche una crociera in Grecia con una delle sue compagne”. Fra le attività che procuravano denaro al boss latitante, i magistrati affermano di aver “scoperto che era lui il proprietario di tutti i supermercato Despar della Sicilia occidentale. Utilizzava un prestanome, Giuseppe Grigoli, che abbiamo arrestato. Investiva anche in villaggi turistici in Sicilia, o ancora nell’energia, attraverso prestanome”. Secondo il procuratore antimafia Giovanni Melillo, “la criminalità organizzata è diventata ormai un elemento strutturale del tessuto economico nell’insieme del paese e non possiamo affermare che questo arresto avrà un impatto strutturale sull’organizzazione della mafia”. L’importanza dell’arresto, secondo lui, è “nel ripristino dell’autorità dello stato, dell’autorità dell’istituzione giudiziaria e dell’istituzione della polizia”.