Da un lato Messina Denaro che non si presenta in videoconferenza, dall’altro il suo autista fiancheggiatore che risponde e cerca di giustificarsi, dicendo che non sapeva che l’uomo con lui in auto fosse Messina Denaro. L’ex primula rossa ha rinunciato ad essere presente in videoconferenza dal carcere de L’Aquila con l’aula bunker del carcere Malaspina di Caltanissetta dove si sta svolgendo il processo in cui è imputato come mandante delle stragi di Capaci e via D’Amelio. Lo ha comunicato il presidente della Corte d’Assise d’appello. Il procedimento è stato rinviato al 9 marzo per consentire all’avvocato di fiducia dell’imputato, Lorenza Guttadauro, di essere presente.
La prima seduta di chemioterapia in carcere per Matteo Messina Denaro è però slittata: era tutto pronto nella stanza dove sarà curato, proprio di fronte alla sua cella in modo da limitare potenziali contatti con altri detenuti, ma all’ultimo momento il boss avrebbe richiesto un ulteriore intervento del medico. In carcere è quindi tornato il professor Luciano Mutti, primario del reparto a gestione universitaria dell’ospedale de L’Aquila, che lo ha visto oggi per la seconda volta. Secondo quanto si è appreso, sono ancora in corso di approfondimento da parte dei medici del reparto di oncologia dell’ospedale dell’Aquila le valutazioni di documentazione medica in possesso del paziente, risultati di nuovi esami e ulteriori verifiche per stabilire, a questo punto, quando effettuare la somministrazione di chemioterapia.
Al momento non c’è certezza, in virtù di questa necessità medica, su quali saranno le intenzioni del boss di Cosa Nostra in merito all’eventuale sua partecipazione alle prossime udienze del processo. Sull’importanza del procedimento si è espresso il procuratore generale di Caltanissetta, Antonino Patti. “Che collabori lo speriamo tutti, ma nessuno di noi può saperlo. E’ depositario di conoscenze sulla stagione stragista del ’92 e ’94 ancora oggi non sondate e sconosciute da altri collaboratori. Il livello di conoscenza di Messina Denaro per il rapporto stretto con Riina era probabilmente superiore a tutto quello che ci hanno raccontato i collaboratori fino a oggi. Messina Denaro è uno dei mandanti delle stragi del ’92 ma anche uno di quelli che già nella fase iniziale aveva messo mano a questo progetto con la missione romana del ’92 dove addirittura è protagonista materiale di quella missione insieme a Graviano e agli altri”.
“Il momento dell’arresto – ha continuato Patti – è un momento che abbiamo accolto con soddisfazione. E’ il coronamento di sforzi che l’autorità giudiziaria palermitana e le forze dell’ordine hanno per decenni dedicato e le circostanze dell’arresto possono sembrare banali ma dietro c’è un lavoro e una professionalità che secondo me non devono essere minimamente messe in discussione con discorsi dietrologici che lasciano il tempo che trovano”. Sugli scenari futuri, il Pg di Caltanissetta resta cauto: “Cosa cambia in Cosa nostra dopo l’arresto di Messina Denaro? Su questi scenari io non saprei che cosa dire, sicuramente non bisogna abbassare la guardia perché io ritengo che negli ultimi tempi il soggetto, probabilmente anche fiaccato dalla malattia, potrebbe avere un pochettino abbandonato il campo. “La sua cattura – conclude Patti – la stiamo vivendo con soddisfazione: a parte la ‘botta’ che l’arresto di Messina Denaro significa per l’organizzazione mafiosa, c’è l’auspicio astratto che possa dare un contributo e collaborare, ma nessuno per il momento può sondare cosa gli passa per la mente”.
L’AUTISTA DEL SUPER LATITANTE SI GIUSTIFICA. “Non sapevo che fosse Matteo Messina Denaro, solo un pazzo avrebbe potuto accompagnarlo sapendo che si trattava del boss”. Si è difeso così Giovanni Luppino, l’autista del super latitante arrestato lunedì scorso a Palermo mentre lo accompagnava alla clinica la Maddalena. Lo ha affermato l’avvocato Giuseppe Ferro, al termine dell’udienza di convalida davanti al Gip che si è svolta nel carcere Pagliarelli. Luppino, 59 anni, commerciante di olive, ha sostenuto di non conoscere Messina Denaro, che gli era stato presentato come cognato di Andrea Bonafede e di averlo accompagnato perché doveva sottoporsi alla chemioterapia. Il Gip Fabio Pilato ha convalidato l’arresto in flagranza di Giovanni Luppino.
“Nessun elemento può allo stato consentire di ritenere che una figura che è letteralmente riuscita a trascorrere indisturbata circa 30 anni di latitanza, si sia attorniata di figure inconsapevoli dei compiti svolti e dei connessi rischi, e anzi, l’incredibile durata di questa latitanza milita in senso decisamente opposto, conducendo a ritenere che proprio l’estrema fiducia e il legame saldato con le figure dei suoi stessi fiancheggiatori abbia in qualche modo contribuito alla procrastinazione del tempo della sua cattura che, altrimenti, sarebbe potuta effettivamente intervenire anche in tempi più risalenti”, si legge nella richiesta di custodia cautelare in carcere fatta dalla Procura di Palermo a carico di Giovanni Luppino. I pm hanno ottenuto dal gip la convalida dell’arresto in flagranza. Si attende la decisione sulla richiesta della custodia cautelare.
IL LEGALE: “IL DOTTOR TUMBARELLO CHIARIRA'”. Mattinata di interrogatori anche per il medico di Campobello di Mazara, Alfonso Tumbarello. “Il mio assistito è fiducioso nella magistratura e nelle forze dell’ordine affinché si accerti la verità. L’atteggiamento del dottor Tumbarello non credo possa essere diverso da chi intende dare chiarimenti che può e che è in condizioni di dare”. È quanto ha riferito l’avvocato Giuseppe Pantaleo, nominato difensore di fiducia da parte di Alfonso Tumbarello. Il medico di Campobello di Mazara ha prescritto ricette mediche al suo assistito Andrea Bonafede, nome però utilizzato (tramite carta d’identità e tessera sanitaria) dal boss Matteo Messina Denaro per curarsi ed effettuare visite ed esami nelle strutture sanitarie.