PALERMO – Gli occhi non si incrociano nemmeno per un istante. A sottolineare, se ce ne fosse bisogno, la distanza siderale che li separa. Giuseppe Conte non concede a Matteo Salvini nemmeno uno sguardo. L’ex premier sul banco dei testi; l’ex ministro dell’Interno su quello degli imputati con l’accusa di aver sequestrato 147 migranti, costretti dal suo divieto di sbarco a Lampedusa a restare per giorni a bordo della nave della ong che li aveva soccorsi in mare. E’ una deposizione lunga quella del leader dei 5Stelle che non perde occasione per rimarcare la sua distanza dalle scelte dell’ex alleato, accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio davanti al tribunale di Palermo.
“Non ricordo di aver mai sentito parlare della presenza di terroristi a bordo della Open Arms” risponde al procuratore aggiunto Marzia Sabella smentendo una delle principali tesi della difesa: e cioè che dietro al no all’approdo c’era il sospetto che tra i profughi soccorsi e pronti a sbarcare ci fossero terroristi. “Non ricordo neppure che qualcuno mi abbia parlato di possibili accordi tra la Open Arms e gli scafisti alla guida dei barconi soccorsi”, aggiunge l’ex premier, confutando un altro argomento dei legali dell’ex ministro che, invece, dei rapporti opachi tra l’equipaggio della ong catalana e gli scafisti dell’imbarcazione soccorsa ad agosto del 2019 sono più che certi.
Per la legale del leader del Carroccio Giulia Bongiorno la prova delle relazioni pericolose degli spagnoli sarebbe tutta in un video spuntato a sorpresa durante la deposizione al processo di un funzionario del Viminale, dicastero all’epoca guidato da Salvini. Il teste ha raccontato di immagini girate dal personale del sottomarino della Difesa Venuti che assistette al salvataggio dei primi profughi presi a bordo dalla Open Arms. Immagini nascoste per mesi, dice la legale dell’imputato, che avrebbero potuto cambiare le sorti della vicenda giudiziaria. Frame poco chiari che non dimostrano nulla e che nessuno ha fatto sparire, rispondono i magistrati.
Eppure sul caso del sottomarino, che alla prossima udienza sarà oggetto della deposizione degli autori della informativa della Marina prodotta dalla Bongiorno, ci sono ben due denunce. Quella della penalista, che lamenta, appunto, l’essere stata tenuta all’oscuro del documento, e quella della Open Arms, che si chiede perché l’equipaggio del Venuti non aiutò i profughi in difficoltà. “Sollecitai il ministro Salvini a far sbarcare i minori a bordo della nave perché secondo me era un tema da risolvere al di là di tutto. Cercai di esercitare una moral suasion sulla questione” continua Conte che ricorda più volte di aver sollecitato l’ex ministro a far scendere dalla nave i bambini e ricostruisce anche il clima politico dell’epoca. “Il governo era sull’orlo della crisi – dice – e Salvini aveva interesse a dipingermi come debole sulla questione migranti”.
Un argomento finalizzato al consenso elettorale dunque. Tesi sostenuta anche da un altro teste del processo, l’ex ministro degli Esteri Luigi Di Maio. “Dei divieti di sbarco decisi da Salvini sapevo dai giornali – risponde -. In Consiglio dei Ministri non se ne discuteva, casomai dovevamo parlare delle conseguenze dei dinieghi dell’ex ministro che usava la questione a fini elettorali”. Meno tesa e più tecnica la deposizione del terzo testimone citato: l’ex ministro dell’Interno Luciana Lamorgese che sostituì Salvini al Viminale nel cosiddetto Conte due. “Tra la richiesta di assegnazione del porto e la sua concessione nella mia gestione sono trascorsi anche otto giorni”, dice. Un punto a favore nostro, sostiene Bongiorno. I tempi di sbarco dei profughi della Open Arms non sarebbero dunque un’anomalia e nella condotta dell’ex titolare del Viminale non ci sarebbe stato alcun dolo.