All’interno del cuore ci sono quattro valvole che regolano il flusso del sangue: due controllano il flusso dalle camere superiori, o atri, alle camere inferiori, o ventricoli. Altre due valvole, invece, controllano il flusso dai ventricoli, una verso i polmoni e l’altra verso il resto del corpo. Durante un normale ciclo cardiaco, il sangue ricco di ossigeno scorre dall’atrio sinistro al ventricolo sinistro attraverso la valvola mitrale. A volte questa valvola si restringe, s’irrigidisce o s’ispessisce. Questa condizione è nota come stenosi della valvola mitrale. La valvuloplastica mitralica è una procedura utilizzata per trattare questa stenosi: aumentando la larghezza dell’apertura della valvola mitrale ripristina così il normale flusso ematico ed è stata eseguita su una donna di 63 anni nel Laboratorio di Emodinamica Interventistica dell’ospedale Ingrassia di Palermo.
In particolare è stata eseguita una valvuloplastica mitralica definita percutanea. “La valvola colpita da malattia reumatica in età giovanile – ha spiegato il direttore del reparto di Cardiologia, Sergio Fasullo – ha subito un danno, che poi negli anni è evoluto in restringimento dell’area di apertura della valvola con conseguente compromissione della regolare circolazione del sangue, soprattutto, a livello del circolo polmonare. La malattia reumatica è, ormai, molto rara e questo tipo di intervento è divenuto altrettanto raro. Basti pensare che in tutta Italia nel 2021 ne sono stati effettuati soltanto 109”.
Un ‘palloncino’ dedicato è stato portato da una vena dell’inguine fino al cuore e, tramite la puntura di un setto che divide le cavità atriali, è stato avanzato a livello della valvola e poi dilatato. L’area della valvola è risultata raddoppiata con immediato beneficio sulla dinamica circolatoria a livello polmonare. Due giorni dopo l’intervento la paziente è stata dimessa ed è tornata a casa. “Ovviamente per effettuare un intervento così complesso e iperspecialistico – ha aggiunto Fasullo – è necessario un background che è difficile trovare in tutti i nosocomi, ma del quale il Laboratorio di Emodinamica Interventistica dell’ospedale Ingrassia è dotato”.
L’intervento è stato eseguito da Daniele Pieri, Antonio Rubino, Claudio D’Angelo, Pierpaolo Prestifilippo e Debora Cangemi, coadiuvati dagli infermieri Marilena Floreno, Fabio Capuozzo ed Emanuele Antonio Camarda. “Disporre di una potenzialità riguardo a questo tipo di tecnica è fondamentale – ha concluso il direttore della Uoc di Cardiologia dell’Ingrassia -, ogni centro che non ne dispone dovrebbe fare riferimento a chi ne è dotato per evitare che nelle scelte terapeutiche si rischi di inviare inopportunamente un paziente a soluzioni più drastiche e invasive come l’intervento cardiochirurgico di sostituzione valvolare con protesi”.