A un anno dallo scoppio del conflitto in Ucraina, Assoutenti ha realizzato uno studio che dimostra come la guerra abbia influito in modo decisamente pesante sui prezzi al dettaglio di alcuni prodotti di largo consumo venduti in Italia. Prendendo in esame tre beni le cui materie prime sono state interessate in modo diretto dalla guerra – attraverso sia una riduzione delle forniture da Russia e Ucraina, sia un rialzo generalizzato delle quotazioni internazionali – Assoutenti ha analizzato i listini al dettaglio di pane fresco, pasta di semola di grano duro e olio di semi di girasole nelle principali città italiane, confrontando i prezzi attuali con quelli in vigore a gennaio 2022, prima dell’invasione russa.
Siracusa è la città italiana dove oggi l’olio di semi costa di più, con un prezzo pari a 3,80 euro al litro, seguita da Genova (3,54 euro) e Sassari (3,44 euro). Tra le top 5, Firenze registra l’aumento più sostanzioso, con i prezzi che salgono in media del +121,3% rispetto a gennaio 2022, ma per l’olio di semi i listini sono più che raddoppiati anche a Siena, Lucca e Genova, con incrementi superiori al 100%. A Livorno i prezzi più bassi d’Italia per olio, con una media di 2,54 euro al litro, seguita da Bari (2,55 euro), Palermo e Grosseto (2,59 euro).
Cagliari vanta invece il record della pasta più cara d’Italia, con una media di 2,32 euro al kg, seguita da Ancona e Udine (2,23 euro). Tra le province che registrano i prezzi più elevati, Modena e Bologna sono quelle che hanno subito i rincari maggiori (rispettivamente +34,2% e +33,7% rispetto a gennaio 2022). A Palermo la pasta più conveniente (1,46 euro al kg) seguita da Siracusa e Cosenza (1,49 euro al kg).
Il pane fresco più salato è venduto oggi a Bolzano, con una media di 6,21 euro al kg. Al secondo posto Venezia (5,91 euro) e al terzo Ferrara (5,89 euro). La città col prezzo del pane più basso è invece Napoli (2,18 euro/kg) seguita da Benevento (2,45 euro) e Perugia (2,51 euro). Tra Bolzano e Napoli si registra una differenza di prezzo abnorme, pari al 185%, fa notare Assoutenti.
“Senza dubbio la guerra in Ucraina ha modificato profondamente i prezzi al dettaglio di molti prodotti venduti nel nostro Paese – spiega il presidente Furio Truzzi -. Lo stop alle importazioni di grano, mais, olio di girasole da Russia e Ucraina, Paesi che sono i principali produttori mondiali, ha portato come noto a rialzi delle quotazioni della materia prima, che si sono trasferiti in modo diretto sui prezzi al dettaglio di negozi e supermercati italiani. A ciò si aggiungono però anche evidenti fenomeni speculativi, considerato che la pasta viene realizzata con il grano duro, materia prima che l’Italia non importa dai due Paesi in guerra. I consumatori italiani, quindi, hanno pagato e continuano a pagare il conto di un conflitto che ha rivoluzionato i listini del comparto alimentare, con i prezzi che una volta saliti, difficilmente torneranno ai livelli pre-guerra”, conclude Truzzi.