CATANIA – Carabinieri del comando provinciale di Catania, a conclusione di indagini dell’Inps e con militari dell’Arma del Nil, hanno denunciato alla Procura di Caltagirone 87 presunti indebiti percettori del Reddito di cittadinanza, distribuiti nel territorio delle compagnie di Caltagirone e di Palagonia. Il danno allo Stato è stimato in circa 600mila euro. Gli accertamenti erano stati avviati su persone che non avevano dichiarato di riscuotere l’indennità di disoccupazione agricola. Tra le altre irregolarità scoperte, oltre alla mancata comunicazione dei redditi da lavoro dipendente, le cosiddette ‘giornate di lavoro’, carabinieri e personale dell’Inps hanno trovato false attestazioni su composizione e redditi dei nuclei familiari e individuato alcuni extracomunitari che riscuotevano il sussidio, pur non residenti in Italia da almeno dieci anni.[fvplayer id=”614″]
Tra i denunciati anche un giovane di Caltagirone, arrestato nel gennaio 2020 nell’ambito dell’operazione ‘Nebrodi’ per associazione mafiosa, contraffazione, truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche e falso, che aveva incassato senza averne diritto circa 8.000 euro. Circa la metà degli 87 deferiti sono persone già note alle forze dell’ordine per reati come spaccio di sostanze stupefacenti, porto abusivo di armi, rapina, resistenza a pubblico ufficiale, truffa ai danni dello Stato e falso.
I controlli dei carabinieri del comando provinciale di Catania avviati dal 2021 in collaborazione con il Nucleo ispettorato del lavoro hanno fatto emergere, con quelli denunciati alla Procura di Caltagirone, di individuare e deferire complessivamente circa 1.000 presunti casi di illecita percezione del reddito di cittadinanza. Secondo stime degli investigatori, il danno allo Stato ammonterebbe così, nel quadriennio 2019-2022, a circa 7 milioni di euro. Tra i beneficiari denunciati 80 che avevano personalmente richiesto e ottenuto il beneficio pur essendo stati condannati, con sentenze passate in giudicato, per associazione mafiosa, oppure omettendo di comunicare che all’interno del proprio nucleo familiare vi fosse anche un proprio congiunto gravato da sentenze di condanna definitive per associazione di tipo mafioso.