PALERMO – La prima sezione della Corte di Cassazione ha confermato le condanne per l’omicidio dell’avvocato Enzo Fragalà, ferito a morte, a Palermo, il 23 febbraio 2010 e morto dopo tre giorni dopo in ospedale. Quattro sono i colpevoli e due le assoluzioni di Paolo Cocco e Francesco Castronovo. La pena più alta, 30 anni, è stata inflitta ad Antonino Abbate, boss della Kalsa, l’esecutore materiale del pestaggio costato la vita al professionista, di origini catanesi ma vissuto sempre a Palermo; 24 anni invece a Francesco Arcuri, capomafia del Borgo Vecchio, il mandante del delitto; 22 anni per Salvatore Ingrassia, che fece parte del commando con funzioni logistiche; 14 anni infine per Antonino Siragusa, reo confesso, all’inizio poco creduto dalla Procura e invece ritenuto pienamente attendibile dai giudici di primo e secondo grado, che gli riconobbero le attenuanti della dissociazione. Quello di Fragalà per i giudici fu un omicidio di mafia, una punizione dei boss, per l’avvocato che era “uno sbirro”, perché avrebbe spinto i suoi clienti a collaborare con i magistrati.
“Dopo 13 anni è stata restituita la verità sull’omicidio di mio padre: ha avuto giustizia che doveva essere garantita visto che è stato un processo lungo, complesso con una grossa attività istruttoria – ha detto l’avvocato Marzia Fragalà, figlia di Enzo Fragalà, commentando la sentenza della cassazione -. Dal processo è emerso che mio padre è stato ucciso dalla mafia per la sua attività, perché mio padre era libero e non si sottoponeva a nessuno, ben che mai alla mafia. Siamo speranzosi che presto si possa aprire un processo per condannare anche il mandante o i mandanti dell’omicidio, siamo consapevoli che gran parte del lavoro oggi è stato completato”.