Nuova stretta sui richiedenti asilo: il governo Meloni conferma la linea dura nel contrasto all’immigrazione irregolare e presenta in Senato un emendamento al decreto Cutro che punta a limitare il regime di protezione speciale per chi sbarca nelle coste italiane. Con l’obiettivo di scoraggiare le partenze dal Nord Africa. La strategia complessiva dell’esecutivo, che sui migranti ha dichiarato lo stato d’emergenza, è però criticata dai vescovi italiani. Secondo il cardinale Zuppi, presidente della Cei, l’emergenza vera è a Lampedusa, già da diversi mesi. Con il moltiplicarsi degli arrivi dal Nord Africa (+300% nei primi mesi del 2023 rispetto all’anno scorso), il governo ha deciso di adottare nuovi strumenti di deterrenza per i flussi irregolari. Presentando alla commissione Affari costituzionali del Senato due maxi-emendamenti al dl Cutro.
Tra le misure principali spicca quella già contenuta nei decreti sicurezza firmati da Matteo Salvini da ministro dell’Interno nel Conte I, che prevede un giro di vite alla protezione speciale: si vuole escludere la possibilità di ospitare i richiedenti asilo nella rete del sistema di accoglienza e integrazione gestita con i Comuni. Così i migranti dovranno andare nei centri di accoglienza per stranieri irregolari e negli hotspot, fino alla decisione sulla richiesta d’asilo. Quanto a Lampedusa, dove si concentrano gli arrivi, è stato proposto un collegamento marittimo in più per garantire il trasferimento di almeno 400 migranti al giorno dall’isola a un porto della Sicilia meridionale. Mentre fino al 31 dicembre 2025 il ministero dell’Interno potrà avvalersi della Croce rossa italiana per la gestione dell’hotspot.
Il nuovo decreto dovrebbe essere esaminato in aula al Senato tra il 18 e il 20 aprile, prima del passaggio alla Camera per l’ok definitivo, ma già sono arrivate critiche. A partire dai vescovi. Il cardinale Matteo Zuppi, in particolare, ha contestato la decisione del governo di dichiarare lo stato d’emergenza: “Anche in situazioni con più di 170mila ingressi l’anno come nel 2014 non è stata dichiarata l’emergenza”, ha ricordato il presidente della Cei, sottolineando che “la vera emergenza è Lampedusa da mesi”. Zuppi ha bocciato anche la scelta di stringere le maglie della protezione speciale, sollecitando invece ad applicare bene “quella normale”.
Oltre alle normative contro i flussi irregolari, a Roma resta aperto il canale con la Tunisia (appena due giorni fa, al largo di Sfax, un altro naufragio con oltre 20 morti). Sul piano bilaterale, si lavora in due direzioni: “rafforzare il contrasto ai trafficanti di esseri umani e alimentare i canali legali”, ha riferito il ministro degli Esteri Antonio Tajani dopo un incontro con il collega tunisino Nabil Ammar. Annunciando che a breve arriveranno in Italia “4mila lavoratori formati in Tunisia”. Ancora più decisiva è la partita per lo sblocco del prestito da 1,9 miliardi dell’Fmi, su cui pesano le resistenze degli europei e soprattutto di Washington, per la scarsa fiducia riposta nel presidente tunisino Saied.
A queste obiezioni l’Italia ha risposto sottolineando che a Tunisi, pur con tutte le criticità del caso, c’è un “governo legittimo” e per questo va rispettato. Quindi, ha insistito il titolare della Farnesina, per evitare che il Paese collassi la soluzione migliore è “cominciare a finanziare la Tunisia con una prima tranche” e condizionare i successivi prestiti alla “progressiva implementazione delle riforme”. “Contiamo sull’Italia perché faccia pressing anche in ambito Ue”, ha sottolineato da parte sua il ministro Ammar. Proprio da Bruxelles è arrivato un assist sul dossier sbarchi: la Commissione ha annunciato di aver “iniziato a lavorare a un nuovo programma regionale contro il traffico di migranti in Nord Africa”. Con “attività specifiche contro il contrabbando, in particolare in Marocco, Egitto e Tunisia”. La commissaria all’Interno Ylva Johansson volerà a Tunisi a fine aprile per discuterne.