Il ponte sullo Stretto di Messina è inutile, dati i volumi di traffico, e sarebbe tutto a carico dello Stato. Sarebbe a rischio per i terremoti e il vento, danneggerebbe l’ambiente, creerebbe poca occupazione e bloccherebbe pure il traffico delle portacontainer. E in ogni caso, sia l’appalto sia la Valutazione di impatto ambientale andrebbero rifatti da capo, e il recente decreto sul ponte (convertito in legge) sarebbe a rischio di incostituzionalità. Sono le obiezioni all’opera contenute in un dossier preparato da un poll di esperti e per conto delle ong Kyoto Club, Lipu e Wwf. Nel dossier si ricorda che già il gruppo di lavoro istituito nel 2021 dal ministero delle Infrastrutture evidenziò i punti di debolezza del progetto di ponte a unica campata del 2011 redatto dal General Contractor Eurolink (capeggiato da Webuild). In particolare, i rischi legati a vento e terremoti e a una lunghezza superiore del 50% a tutti i ponti costruiti, oltre al notevole impatto visivo.
Secondo lo studio delle ong, le carenze di analisi economica determinano l’indisponibilità della comunità finanziaria a sostenere il progetto. Rimangono quindi a totale carico pubblico l’investimento e la gestione. I pedaggi a carico degli utenti non consentono il project financing. I flussi di traffico secondo il dossier non ripagano l’opera. Il gruppo di lavoro del ministero delle Infrastrutture documentò che il 76,2% degli spostamenti su nave in ambito locale avviene da parte di passeggeri senza auto al seguito. Complessivamente, coloro che ogni giorno si muovono tra le due sponde sono 4.500 persone. Il canone di utilizzo della infrastruttura ferroviaria sarebbe molto elevato, mentre il traffico su gomma previsto sul ponte sarebbe di 11,6 milioni di auto, a fronte di una capacità annua della infrastruttura pari a 52,56 milioni di auto, ovvero di 105 milioni di auto considerata la bidirezionalità dei flussi. Il grado di saturazione dell’11% del ponte non giustificherebbe l’opera.
I dati sull’occupazione nel cantiere indicati dal governo sono sovradimensionati, affermano gli ambientalisti, che stimano un’occupazione media mensile di non più di 507 addetti. Secondo gli ambientalisti, non è possibile riproporre il contratto con il general contractor, caducato ex lege nel 2013, e si dovrebbe ricorrere a una nuova gara. La procedura di valutazione di impatto ambientale andrebbe rifatta dal principio: come stabilito nel Codice dell’ambiente, sono passati oltre 5 anni senza che il progetto sia stato realizzato. I giuristi che hanno contributo alla stesura del dossier contestano la legittimità costituzionale delle norme introdotte nella legge di Bilancio 2023 e dal Decreto legge sul Ponte, convertito poi in legge, per la sospetta violazione degli articoli 9 (tutela del paesaggio e dell’ambiente), 32 (tutela della salute) e 41 (iniziativa economica privata).
La creazione di una barriera trasversale alla migrazione e la distruzione di aree di sosta e alimentazione contrasterebbe nettamente con la responsabilità di conservazione degli uccelli migratori. Nel progetto definitivo del ponte, sostengono gli ambientalisti, non c’è alcun rispetto dei vincoli e prescrizioni esistenti dettati dalla pianificazione territoriale locale. Infine, il ponte avrebbe un’altezza dal mare di 65 metri, e questo bloccherebbe il transito delle più grandi portacontainer. Ma secondo il presidente di Fai Conftrasporto-Confcommercio, Paolo Uggè, la mancata realizzazione del ponte costerebbe tantissimo: “Sei miliardi e mezzo di euro all’anno l’impatto sul Pil regionale della Sicilia e 370 milioni di euro, su base annua, il danno economico subito dall’Italia per ogni ora di ritardo nell’attraversamento del valico del Brennero”.