PALERMO – Il sostituto procuratore generale di Palermo Umberto De Giglio ha avocato l’indagine sulla morte di Loredana Guida, l’insegnante 44enne di Agrigento morta di malaria nel 2020. La procura di Agrigento aveva chiesto il processo per omicidio colposo per tre dei medici che ebbero in cura la maestra e l’archiviazione per altri due, il primario della Rianimazione, Antonio Marotta, e Alida Lauria, dottoressa in servizio al pronto soccorso. Un’istanza quella di archiviazione respinta dal gip e reiterata dai pm che ha indotto la Procura generale ad avocare a sé l’inchiesta.
Il magistrato ha indicato in dettaglio i punti da approfondire: dai tempi e dalle modalità con cui fu richiesto e acquisito dall’ospedale di Catania il chinino somministrato alla donna il 21 gennaio del 2020 dopo giorni di inerzia; all’accertamento di eventuali colpe nella mancata sottoposizione tempestiva dell’insegnante al test per la malaria e poi all’inizio della terapia. Loredana era andata in Nigeria per aprire una scuola per bambini. La malattia le venne diagnosticata soltanto dopo giorni dal suo rientro in Italia nonostante, febbricitante e sofferente, avesse detto, prima al suo medico di famiglia, poi al pronto soccorso e alla guardia medica di essere tornata dall’Africa.
Un indizio che nessuno ha colto e che ha portato alla morte della giovane donna. Solo per tre medici, infatti, la Procura di Agrigento ha chiesto il processo, per due sanitari – il primario della Rianimazione e una dottoressa del pronto soccorso – i pm hanno per due volte e nonostante le perplessità del gip sollecitato l’archiviazione, sostenendo che le condizioni della donna fossero già così gravi che nulla i due avrebbe potuto fare. Una valutazione non condivisa dalla famiglia che chiede aiuto alle istituzioni. Al comparire dei primi sintomi Loredana si rivolse al suo medico di famiglia al quale disse subito d’essere stata in Africa. Liquidata con la diagnosi di una banale influenza senza essere mai visitata, fece la spola tra pronto soccorso e guardia medica per giorni. Il 20 gennaio del 2020 arrivò in coma in ospedale. Solo 24 ore dopo venne ricoverata e sottoposta al test sulla malaria. E con incredibile ritardo le fu somministrato il chinino che l’Asp di Agrigento dovette andare a prendere a Catania.